JE SUIS CHARLIE – Onoriamo il giornalismo

L’invito dei giovani del Teatro Stabile dopo l’attentato allo «Charlie Hebdo». JE SUIS CHARLIE Qualcuno si chiede perché un moto così spontaneo sta unendo tutto il mondo cosciente e critico e perché esiste questa esigenza di «esprimere», «dichiarare», «manifestare» la propria solidarietà in relazione agli eventi che hanno colpito Parigi.
Perché quel che è stato colpito è il Giornalismo, quello con la «G» maiuscola, quello capace di raccogliere in un graffio grafico e in una stringa, grazie alla sagacia e all’intuizione dei suoi protagonisti, concetti che racchiudono millenni, storie infinite, tragedie dell’umanità. Stiamo parlando di professionisti veri, di autentici Giornalisti, da non confondersi con apprendisti o peggio ancora con presuntuosi che si sentono tali solo perché mettono parole su parole in un numero definito di righe.
Ho conosciuto Giornalisti veri, quelli delle inchieste sulle Brigate Rosse o gli inviati speciali e di guerra nei Balcani. Li ho visti muoversi, vivere, scoprire, percepire, comprendere, sviscerare, criticare, difendere, accusare, e sempre con determinazione, sempre con coraggio, e sempre con il distacco del giusto. Ho conosciuto Giornalisti autentici con i quali ho avuto la fortuna persino di essere citato. Mai li ho visti rifiutare un confronto. Uno di loro, Enrico Lucci, ha appena inviato un servizio da Baqa in Nigeria, sulla strage dei fondamentalisti di Boko Haram.
Sono e sono stati i nomi più illustri del giornalismo internazionale. Io, da autore, sedimentavo le esperienze, elaboravo le emotività, avevo tutto il tempo di radicare in me scopo e funzione di ogni singola pagina scritta. Loro invece, avevano capacità di sintesi, brillantezza mentale, durezza e passione immediate. I fotografi lampo di una circostanza già mutata che, nelle loro strette righe, condensava causa, storia, cultura e umanità. Onore ai Giornalisti, quindi, quelli veri.
«Je suis Charlie» è una dichiarazione spontanea d’onore che solo chi è senza parole non dichiara. Solo chi è indifferente per incapacità, insoddisfazione o ignoranza non la esprime sentendosi almeno una volta accanto a tutti gli altri in ogni comunità. Purtroppo c’è sempre chi resta separato ed in silenzio di fronte alle vittime del fondamentalismo. Ed i peggiori fondamentalisti sono quelli che, per presunzione, credono di non esserlo.
Il 10 e l’11 gennaio, alle 11 e 30, ora dell’attentato, gli artisti del Teatro Stabile di Innovazione Fabbrica Wojtyla di Caserta, propongono a chiunque, ovunque si trovi, in casa, per strada, in luoghi di svago, di studio o di lavoro, di sollevare al cielo una matita dichiarando ad alta voce «je suis Charlie». Sono giovani che, diversamente da altri, non sanno di essere qualcuno, perché solo chi è convinto di essere qualcuno non è nessuno. Io, come loro, lo farò. Perché è un invito naturale e spontaneo che nuovi cittadini di Caserta propongono a tutti gli altri cittadini della loro città. Io spero che padri e madri, memori di anni in cui Gaber ricordava che «libertà è partecipazione» anche a Caserta lo suggeriscano ai propri figli. In onore al Giornalismo, quello vero.
Patrizio Ranieri Ciu – 347.3405540
comunicazione@teatrostabileinnovazione.caserta.it
Teatro Stabile d’Innovazione della Città di Caserta – Fabbrica Wojtyla
direttore artistico Patrizio Ranieri Ciu (347.3405540)

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