Torna il Trionfo di Clelia al Festival Jommelli Cimarosa
Il Festival Jommelli/Cimarosa, all’esordio, nasce con l’idea velleitaria di rendere omaggio ai musicisti aversani Niccolò Jommelli (1714-1774), noto con la definizione di musicista galantuomo, e Domenico Cimarosa (1749-1801), da considerarsi senza dubbio tra i maggiori esponenti della «scuola napoletana» del Settecento.
Il pregio dell’idea è che fa in modo tale da rendere la città delle cento chiese l’unica città a rendere omaggio, in contemporanea, ai due compositori suoi figli. L’inizio del Festival coincide con l'inaugurazione del sedile di San Luigi in piazza San Domenico, unico sopravvissuto dei quattro sedili originari di Aversa oltre ad essere il più antico d’Italia, ormai restaurato e ripristinato e che sarà adibito a ufficio di promozione turistica di Aversa oltre che a sede organizzativa del Festival. Il Sedile di Aversa fu concesso nel 1195 da Enrico VI alle famiglie dei cavalieri e dei soldati aversani come ringraziamento per l’appoggio in guerra. Da quanto detto risulta evidente, dunque, l’alto valore storico-culturale che ruota attorno a tale edificio.
Grazie all’Associazione Maria Malibran, l’ultimo concerto nell’ambito di tale Festival è stato dedicato al «Trionfo di Clelia», di Niccolò Jommelli, musicata da Christoph Willibald Gluck su libretto di Pietro Metastasio: tale opera fu l’ultima composta da Jommelli per il Teatro Ajuda di Lisbona. C’è una caratteristica da ricordare in relazione a tale opera, in quanto a seguito della morte di Jommelli pochi giorni dopo la rappresentazione in Portogallo avvenuta il 6 giugno 1774, non è stata mai rappresentata in Italia.
L’idea è partita dalla revisione curata da Alessandro Dalla Vecchia dei manoscritti conservati nella biblioteca del conservatorio napoletano di San Pietro a Majella: l’opera originariamente era in tre atti, è stata ridotta ad un atto unico, tramite un’opera di taglia e cuci che a detta del curatore si è reso necessario per evidenziare ancor di più il genio del compositore aversano.
La leggenda della storia di Clelia narra dello scambio tra i Romani e il re etrusco Porsenna: per mantenere la pace era necessario consegnare dieci virgines delle famiglie nobili romane e dieci giovani patrizi romani. Clelia era tra le dieci giovani vergini: approfittando del trambusto, fuggì verso il Tevere portando con sé le compagne: tornata a Roma, le speranze di salvezza furono temporaneamente vanificate. Per garantire la pace, in virtù della parola data, le giovani furono riportate a Porsenna. Il mito di Clelia fa emergere sia la correttezza dei romani, che mantennero comunque la parola data, ma anche l’eroicità sia degli uomini ma anche delle donne: in virtù di ciò, Porsenna decise di liberarla insieme agli altri ostaggi.
Per quanto riguarda la scenografia dello spettacolo, l’unico elemento era la base di una colonna romana che col suo biancore contrastava fin quasi a stridere con il nero assoluto del palcoscenico. Particolare la prima scena dell’opera, in cui gli artisti erano posti in circolo avanzando ognuno al proprio turno.
Analogamente, si segnala anche il libro del giornalista Nicola De Chiara «Niccolò Jommelli, il musicista galantuomo» con cui, grazie ad un’attenta analisi delle fonti inedite d’archivio, si riesce anche a ricostruire alcuni punti finora rimasti oscuri, ed altrimenti rimasti tali, relativamente alla vita dello Jommelli.
Ma la rassegna si è anche caratterizzata per alcune critiche rivolte all’organizzazione: innanzitutto si segnalano le critiche circa la conferenza di presentazione del Festival, conferenza tenuta a Roma nella Sala del Carroccio al Campidoglio, alla presenza di Giuseppe Sagliocco, sindaco di Aversa, del Maestro Gerardo Di Lella, direttore artistico del Festival, con la moderazione di Alessandro Savoia, presenti in sala diversi esponenti dell’amministrazione comunale. Forse se la conferenza fosse stata tenuta ad Aversa, alla presenza della stampa locale si sarebbe potuto coprire diversamente l’evento, pubblicizzandolo senza tanti aggravi di spese. Il Maestro Di Lella, direttore artistico del Festival, dal canto suo segnala che Roma ha sempre costituito un crocevia molto importante, e che la scelta è motivata dal voler puntare su una diffusione nazionale.
Le spese, che per lo più non avrebbero sortito molti effetti, sono nel mirino del consigliere comunale Michele Galluccio: quest’ultimo segnala come, ad esempio, le spese pubblicitarie siano state costose quanto inefficaci e denuncia anche lo scarso coinvolgimento di scuole, specie musicali, ed associazioni culturali. Al di là di contrasti e critiche, la speranza è che eventi simili possano migliorare sempre sotto il profilo organizzativo per convogliare turisti e appassionati anche in realtà come Aversa che senza dubbio ha molto ancora da offrire.