Sarà pure VeryBello ma non piace

L’ultimo epic fail del mondo digitale italiano ha un nome, VeryBello, ed è il sito che in poco più di ventiquattr’ore ha ricevuto le peggiori critiche provenienti direttamente dal web. Si tratta del sito realizzato dal Mibact, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che ha messo in scena l’ultimo obbrobbrio made in Italy. E non si tratta del solito luogo comune di quella parte di italiani lamentosa e ipercritica, ma di un prodotto realmente scadente, sgradevole e poco funzionale risultato della solita politica oligarchica che chiude a qualsiasi confronto o partecipazione di idee.
VeryBello.it doveva essere un punto di riferimento virtuale per tutti coloro che si appresteranno a visitare l’Italia in occasione dell’imminente Expo, un sito capace di raccogliere e mostrare promuovendo tutta l’offerta culturale italiana dedicato a i visitatori stranieri che vogliono conoscere più da vicino il territorio dell’ormai lontanissima culla dell’Impero Romano.
E in realtà cos’è stato?
Un disastro su tutti i fronti, pubblicato forse in stato ancora embrionale ma che è stato bocciato dalla maggior parte dei curiosi che hanno osato collegarsi al sito.
Si parte da un nome che ricorda vagamente l’inglese maccheronico di un’antica mafia trapiantata in America, un concetto di base potenzialmente buono ma espresso nel peggiore dei modi, una realizzazione grafica che lascia a dir poco a desiderare, un sito lento e spesso scattoso, poco navigabile e facilmente in tilt a causa del sovraccarico del server, quando poi sono soltanto gli italiani ad aver coraggiosamente provato l’accesso. Un prodotto costato la bellezza di 35 mila euro, che doveva essere vetrina dell’Italia nel mondo, ma che è stato lanciato puramente in italiano. Un aggregatore di notizie che utilizza foto prese senza esplicito consenso da internet e che si inventa una legislazione specifica per tutelarsi da questo consapevole reato. Definito “La Caporetto digitale”, speriamo che il ministro Franceschini sia aperto alle capacità di un nuovo Diaz 2.0, che permetterà a noi italiani di perdonare questa orrenda presentazione del nostro Belpaese nel mondo, lasciandoci alle spalle questo triste ricordo dell’incompetenza digitale delle istituzioni, ancora, nel 2015.

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