Radioattività e danni alla salute
La radioattività è un fatto naturale. È la conseguenza della naturale instabilità di alcuni isotopi (ossia varietà di atomi di uno stesso elemento chimico) che tendono a raggiungere una forma stabile.
L'esempio classico, senza pensare agli ordigni nucleari, è costituito dalle forme isotopiche dell'atomo di idrogeno.
L'atomo di tale elemento chimico, noto per avere un solo elettrone, può presentarsi con un nucleo formato da un solo protone (in tal caso questa forma di idrogeno si chiama "prozio") oppure un protone è un neutrone (deuterio) o un protone e due neutroni (trizio).
Il trizio è instabile e, difatti, radioattivo.
Tuttavia chimicamente tutte le forme isotopiche di un elemento chimico si comportano in modo eguale per cui che si tratti di prozio, deuterio o trizio, la valenza chimica è sempre la stessa ed è quella dell'idrogeno.
Ma non solo l'idrogeno può presentarsi in forma radioattiva. In realtà tale evenienza interessa molte altri elementi chimici tra cui, particolarmente noti, sono gli elementi costituiti da nuclei molto grossi, ossia pieni di protoni e neutroni, come l'uranio.
Dato che tali elementi, contrariamente a quanto si piò ritenere, sono piuttosto diffusi nella crosta terrestre, è naturale attendersi un valore di fondo della radioattività naturale non pari a zero.
In particolare, si segnala che in alcune zone, specie nei locali interrati e seminterrati, la concentrazione del Radon, un gas radioattivo che si produce naturalmente dal decadimento dell'Uranio della crosta terrestre, è più rilevante che in altre zone.
Inoltre, siamo costantemente esposti alle radiazioni cosmiche che, a loro volta, ci colpiscono e ciò contribuisce ad avere un valore della radioattività naturale non pari a zero.
La cosa in sé potrebbe lasciare perplessi perché generalmente si associa la presenza di radiazioni con danni alla salute.
Ciò è sicuramente vero poiché le radiazioni, ossia l'espulsione di materia ed energia dagli atomi instabili, essenzialmente sotto forma di emissione Alfa, beta o gamma, fanno sì che gli atomi che ne vengono colpiti perdano degli elettroni e cambino quindi le loro proprietà chimiche (in particolare la propria affinità chimica).
È come quando si gioca a bocce. La radiazione incidente, che possiamo assimilare alla boccia che lanciamo, scaccia via una boccia preesistente.
Dunque, gli atomi che formano le molecole del nostro DNA si modificano e ciò comporta un cambio del codice di riproduzione delle cellule col rischio che sorgano problemi di errate riproduzioni.
Tuttavia molti scienziati sostengono che questo meccanismo di mutazione genetica sia alla base dell'evoluzione stessa di tutte le specie vegetali ed animali (compreso l'uomo). In effetti l'ambiente, secondo la teoria di Darwin, selezionerebbe poi solo quelle mutazioni che risultano vincenti.
Il vero problema restano le radiazioni che, viceversa, produciamo artificialmente.
Tali dosi aggiuntive che assorbiamo rispetto alla radiazione di fondo, aumenta considerevolmente il rischio di neoplasie e malformazioni.
Esse derivano, essenzialmente, da svariate attività umane e, in primo luogo, dalle attività sanitarie (si pensi alle TAC alle radiografie o alla medicina nucleare).
Di fatto l'INFN, l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ci dice che le radiazioni derivanti da attività sanitarie che annualmente assorbiamo sono pari a circa il 14% del totale delle radiazioni assorbite.
Tale valore, ad esempio, è assolutamente superiore (e di molte volte) alla percentuale di radioattività assorbita per attività industriali come le centrali nucleari o quelle militari di ricerca.
Ciò, lungi dal pensare che sia necessario abolire tali insostituibili mezzi di indagine sanitaria, consiglia di ricorrervi il meno possibile è sempre e solo se è il medico a prescrivere tali esami. Solo il medico, valutati i possibili benefici a fronte del rischio a medio e lungo termine causato, potrà decidere se è consigliabile o meno praticarli.