Creazione dell’osso bionico
Finalmente si potrebbe arrivare una soluzione per la medicina rigenerativa con la realizzazione di un materiale che potrebbe mimare il tessuto osseo e stimolare la riparazione fino ad arrivare alla ricostituzione della cartilagine danneggiata in diverse parti del nostro corpo umano come per il menisco o a livello dei dischi intervertebrali. Tale studio è stato realizzato dai ricercatori chimici dell’Università di Milano in collaborazione con i ricercatori ingegneristici dell’Imperial College di Londra che hanno sintetizzato l’osso bionico, un materiale ibrido in grado di rigenerare il tessuto osseo danneggiato da traumi, nell’ambito di un progetto di ricerca, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, denominato “Metodologie chimiche innovative per biomateriali intelligenti”. Tali ricercatori si sono basati sul fatto che il tessuto osseo anche se ha una forte resistenza meccanica ma è nel contempo mostra una certa dinamicità che ha permesso agli stessi di poter mimare le sue caratteristiche con dei materiali sintetici innovativi. Il team di ricercatori di Londra guidati da Julian Jones specializzati nello sviluppo di biomateriali ibridi producendo il biovetro 3D poroso mentre il gruppo di ricerca italiano, guidato da Laura Cipolla e da Laura Russo, in questi anni si è sempre impegnato per cercare di applicare la chimica organica e la parte della glicomica nella medicina rigenerativa dato che l’elasticità e la resistenza sono due componenti del tessuto osseo che sono date dalla compartecipazione della matrice sia inorganica,la quale conferisce la resistenza, che organica, la quale conferisce elasticità. Allo stesso modo il biovetro stampato in 3D rappresenta il materiale inorganico di partenza, per eccellenza, per progettare dei nuovi biomateriali ibridi in grado di guarire le fratture provocate da traumi o da patologie quindi può essere il punto di partenza per lo sviluppo di nuove strategie di cura e per realizzare un materiale mimetico del tessuto osseo. Ma su tale fronte c’è da aspettare ancora degli studi approfonditi delle ricerche prima di poter applicare tale tecnologia medica sull’uomo.