Il solito “bel modo” di onorare le vittime

I funerali delle vittime del terremoto che ha colpito il centro Italia la scorsa settimana ancora stati celebrati che già violente polemiche imperversavano su tutto e tutti.
A partire dalla location scelta per i funerali di Stato, prima Rieti, poi Amatrice, alle responsabilità sulle modalità di ristrutturazione di alcuni edifici sinistrati dal sisma.
Per la cerimonia funebre, la parola fine l'hanno messa i parenti di molte vittime opponendosi a partecipare alla celebrazione pubblica. Il dolore per la perdita di uno o più cari, avranno pensato, non si può prestare a qualsivoglia polemica o spettacolarizzazione.
Di fatto, e la cosa deve fare riflettere, la stragrande maggioranza delle famiglie colpite dal lutto hanno scelto di celebrare le onoranze funebri in forma privata.
Per le polemiche sulle responsabilità sui modi di ristrutturazione di edifici pubblici, come la scuola di Amatrice e l'ospedale, già si assiste a un pietoso (in questo caso nel senso di miserevole) scaricabarile.
Il Sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, si trincera dietro al fatto che lui non fa il tecnico e che non ha responsabilità politiche avvalorando la sua tesi, come se fosse una possibile scusante per un pubblico amministratore, la circostanza che nella scuola in parte crollata vi mandava i figli.
L'imprenditore edile che ha curato le opere di ristrutturazione, Gianfranco Truffarelli, tiene a precisare che si è trattato di opere di “miglioramento” e non di “adeguamento” sismico e che l'ala dell'istituto ove ha operato è ancora in piedi a differenza di quella dove non ha avuto incarico.
Nella buona sostanza, il solito copione di finanziamenti erogati a pioggia, specie dopo il sisma abruzzese del 2009, finiti un po' di qua e un po' di là ma, evidentemente, non focalizzati per evitare nuove tragedie.
E così, secondo l'italico copione dello scaricabarile, si avviano dibattimenti che dalle chiacchiere nei bar e dai novelli pulpiti delle innumerevoli trasmissioni TV, dove opinionisti di dubbia competenza si affannano a fare da ingegneri, architetti, e geologi, si trascineranno per chissà quanti anni nei Tribunali.
E, nuovamente, arriveranno nuovi finanziamenti “a pioggia” che saranno spesi chissà come perché i soldi, quando arrivano, giungono dopo che si è spento l'interesse e la morbosa curiosità mediatica sull'evento e quindi possono essere gestiti con discrezione e discrezionalità.
Del resto, se la storia è maestra di vita, fino a oggi ci ha insegnato proprio questo!
Insomma, il solito “bel modo” di rendere giustizia e onore alle incolpevoli vittime (le uniche che, con assoluta certezza, si possono al momento definire davvero tali!).
E, come di consueto, adesso è anche il momento delle promesse dalle Istituzioni. Da quella di trasferire gli sfollati dalle tende a casette prefabbricate in un solo mese a quella di una ricostruzione rapida, realizzata sulla stessa area di sedime dei paesi martoriati.
Gli italiani, incrollabili ottimisti, vogliono credere che stavolta sia davvero così ma, per come è iniziata la fase post terremoto, con poveri corpi rimpallati da Amatrice a Rieti e quindi, dopo le proteste popolari dei familiari, nuovamente ad Amatrice (a Napoli si direbbe “come la sporta del tarallaro”), non sembra si sia partiti col piede giusto.

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