Premio Nobel per la letteratura: al moderno Menestrello dei “favolosi anni 60”

“Un boato in sala”: 12 ottobre 2016, Bob Dylan vince il Premio Nobel per la Letteratura. L’annuncio è stato sorprendente e contrariato, in quanto Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, è stato un cantautore, o meglio il “Menestrello” dell’ultimo 900: ma in realtà,  Dylan è stato molto di più. Ribelle, perennemente contro il sistema, fu un poeta e uno scrittore che, come nelle sue canzoni del resto, diede vita a idee e concetti realistici, narranti di una realtà e di una politica americana di fine anni ’50. Nato e cresciuto in una cittadina mineraria del  Minnesota, Bob trascorre la giovinezza ascoltando blues, country e il rock and roll, fino ad a raggiungere un amore sconsiderato per il genere folk, di cui sarà successivamente uno dei maggiori esponenti : “ Amo la musica folk perché è sincera, autentica, non come il pop, che è controllato da chi ci governa”. Accompagnato dalla chitarra acustica e dall’immancabile armonica a bocca, mentre i Beatles cantavano di storie d’amore e cuori infranti, Dylan raccontava di differenze sociali, della vita povera fuori città, della Guerra del Vietnam. Tante sono state le accuse contro la vittoria letteraria del cantautore, quanti i “perché non dare un Nobel a Bob Dylan?”. In un certo senso si potrebbe paragonare al Nobel del 1997 di Dario Fo : secondo Sgarbi, egli ha “fatto letteratura attraverso il teatro” , spiegando e riuscendo a trasmettere la vivacità del suo pensiero al pubblico. Indi per cui, perché non “fare letteratura attraverso la musica”? Come sostenuto d’altronde da svariati cantautori, fra cui Francesco De Gregori, che in un omaggio a Dylan, ha accuratamente dichiarato :“le canzoni fanno parte a pieno titolo della letteratura di oggi e possono raccontare, alla pari della scrittura, del cinema e del teatro, il mondo e le storie degli uomini.” Nonostante fosse effettivamente un poeta, Dylan diceva di odiare quella parola, autodefinendosi “artista del trapezio”, praticante e amante dell’arte come arte stessa. “ Ha creato una nuova poetica espressiva all’interno della grande tradizione canora americana” : cinico e realista, non aveva intenzione di cambiare il mondo attraverso la musica, ma di raccontarlo realisticamente, senza filtri, ne termini mielosi. La sua personalità menefreghista ed instabile, il gracchiare della sua voce, si sposano con la malinconia del folk e con l’ispirazione della nostalgica drammaturgia mccarthiana, cui prende spunto. Un De Andrè americano, classificato dal Rolling Stone al secondo posto nella lista dei “cento migliori artisti”,    gridava contro le folle di fans sfegatati di non dover giustificarsi con nessuno e che non gli importava di essere ricco o noto. Era più di una persona, come interpretano ben sette attori in  “Io non sono qui”, documentario sulla sua vita, diviso in epoche, lavori ed idee. “Bisogna essere il centro del proprio mondo e sostenere le proprie idee. Non vi ho mai detto chi votare o cosa fare : pensate con la vostra testa, parlate con le vostre bocche! “. Il Nobel per la letteratura, infondo, potrebbe essere attribuito ai suoi scritti o alle sue poesie, ma ciò che ha formato l’icona che è Bob Dylan, sono i suoi brani autentici, carichi di significato e dalla nostalgica melodia folkloristica: il Menestrello dopotutto, è o non è il cantante del popolo?

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