La via Latina (Casilina) e Calvi Vecchia

Diversi Enti della provincia di Caserta tra i quali il soppresso Ente Provinciale per il Turismo, l’Amministrazione Provinciale e la Camera di Commercio in un passato più meno recente, hanno pubblicato libri riguardanti la storia e lo sviluppo delle aree più significative della provincia di Caserta.
Nella prefazione di un libro dell’Ente Provinciale per il Turismo, pubblicato nei primi anni dell’odierno secolo, si legge che la fortuna della provincia di Caserta in parte è da attribuirsi alle grandi arterie viarie che fin dall’antichità hanno solcato i suoi territori: l’Appia detta “regina viarum” prima tra le strade romane, la Domitiana che prese il nome dall’imperatore che la realizzo nel 95 d.C., la Via Latina sorta nel medioevo in alternativa all’Appia, inaccessibile a causa delle paludi.
La Via Latina, odierna Casilina, deve la sua importanza e la sua fortuna all’abbandono, verificatosi in diversi tempi storici, dal tracciato della via Appia, resa impraticabile per l’allontanamento dalle campagne, per il sensibile aumento delle zone paludose e per le imponenti distruzioni operate dai Saraceni. In tale periodo sulla Via Latina, arteria interna rispetto alla via Appia, acquista fama e prestigio il Monastero di Montecassino. Fedeli e viaggiatori creano un forte flusso alimentato, in modo consistente dai pellegrini che si recano in Terra Santa.
La Via Latina ritorna prepotentemente in auge durante i moti del 1820-1821 quando viene percorsa dalle truppe austriache che si dirigono verso il sud.
Nel testo dell’Ente Provinciale per il Turismo si afferma anche che sulla via Casilina, superato il ponte del Rio dei Lanzi, si raggiunge Calvi Vecchia, l’antica Cales degli Aurunci. Ribelle ai romani che l’avevano conquistata nel 335 a.C., rifiutò di fornire aiuti nella guerra contro Annibale. Solo la fertilità del suolo le impedì di soccombere in seguito ai pesanti tributi che Roma le impose per vendicarsi della mancata sottomissione ai suoi voleri.
Oltre che per il vino Cales era famosa per la ceramica di ispirazione ellenistica. I vasi caleni lucidi, neri, decorati con motivi ornamentali e figure furono diffusi tra il 250 e il 180 a.C. nella Magna Grecia, in Sicilia e in Etruria. Ciò che resta dell’antica colonia romana è visibile percorrendo una stradina che ricalca il tracciato dell’antico Cardo Maximus. Si riconosce l’ellissi dell’anfiteatro, due edifici termali del I secolo a.C., la cavea di un teatro, il podio di un tempio di età imperiale. Nella parte medioevale della cittadina sorge la Cattedrale – XI secolo – che fu restaurata nel 1452 e che recentemente, a seguito del sisma del 1980, è stata oggetto di un robusto, mirato ed adeguato intervento di consolidamento. La splendida linearità dello stile romanico è esaltata dalle tre absidi, dal muro esterno decorato da archi e dalla facciata. L’interno barocco a tre navate è illuminato dai mosaici dell’ambone del XII secolo, che si erge su due colonne rette da due leoni. Eleganti colonne con capitelli provenienti da Cales sostengono le tre navate della cripta. Un’ulteriore memoria delle vicissitudini storiche di Calvi è data dal diroccato castello – IX secolo – a pianta quadrata, ai cui lati svettano torri cilindriche; attualmente il monumento è oggetto di un consistente intervento per il consolidamento della struttura e per la costruzione di elementi di protezione da eventi atmosferici e calamitosi.
Fuori dall’abitato, seguendo un sentiero che si dipana lungo il greto del Rio dei Lanzi, si arriva alla Grotta dei Santi, scavata in una parete di tufo. All’interno si possono ammirare interessanti affreschi votivi dei secoli X e XI di scuola benedettina, anche se molto danneggiati dall’incuria del tempo.

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