Caro Franco,

Oggi (sabato 3 dicembre 2016, durante la manifestazione Ambiente Cultura Legalità XI ed. ndr) ho ascoltato una donna parlare del papà scomparso in mare quando lei era poco più che neonata e, nonostante le fosse del tutto sconosciuto, a dispetto dei tanti decenni ormai trascorsi, emozionarsi.
Ho visto anche un uomo commuoversi fino a quasi le lacrime pensando al fratello scomparso solo sette anni fa, trucidato da terroristi assassini a migliaia di chilometri dal Patrio suolo.
Ma non erano lacrime di rabbia, ma di viva commozione per la gioia che tutti noi, o meglio tu innanzi tutti, gli hai dato consentendo di ricordare il fratello morto in missione.
Questa iniziativa editoriale è una cosa bella e, in minima parte, mi sento anche io un po' orgoglioso di aver contribuito.
Ciò, non potrò mai dimenticarlo, è stato possibile solo grazie alla fraterna intercessione del comune amico Francesco Fraioli che fu il generoso e paziente anello di congiunzione tra me e il direttore Franco Falco.
Dicevo di essere orgoglioso: ma non per ragioni di vanesio egocentrismo.
Da militare, da riservista, in qualità di Ufficiale o in veste di anonimo paracadutista come, al di là della fin troppo cortese e generosa presentazione riservatami, ho ben chiarito di volermi semplicemente porgere al vasto uditorio all'inizio del mio breve intervento, mi sono sentito onorato di aver potuto ricordare l'amico e parà militare Roberto Valente.
È una cosa che i militari, specie se di talune specialità, ancorché in congedo (temporaneo o assoluto che sia), portano dentro: la memoria dei commilitoni scomparsi.
E non per nulla, nelle occasioni commemorative ufficiali, allorquando il Comandante ne chiama il nome, tutti all'unisono rispondono PRESENTE!
Ho sempre creduto, ma ora ne sono ancora più convinto, che questa tua iniziativa editoriale sia lodevolissima, specie se nell'ottica pedagogica di contribuire a formare i giovani come futura genia di cittadini consci del loro passato e dei valori morali ed etici tipici della loro terra.
Ma solo oggi ho davvero potuto constatare di persona quanto meritato è il successo che riscuote.
Riflettevo, rientrando alla mia residenza metropolitana, che queste iniziative possono riuscire oramai solo nei centri ancora a dimensione umana come Bellona, dove le sfumature e i profumi delle varie stagioni, come la preziosità di taluni valori, sono elementi ancora percepibili.
Spero di sbagliare ma nelle grandi e convulse città, oramai vere e proprie grigie megalopoli, purtroppo gli inverni e le estati si percepiscono solo per il cambio di temperatura.
Come non è più visibile il giallo delle mimose che annunciano la primavera, come è divenuto impossibile annusare l'acre odore della legna accesa nei camini ai primi geli invernali né, tanto meno, ascoltare lo stridulo verso delle rondini in vista della bella stagione, analogamente sembra scomparsa ogni volontà della gente di mantenere la memoria del passato che, anzi, è spesso visto come un imbarazzante fardello di cui sbarazzarsi in nome di una modernità, di una esterofilia, di una globalizzazione che, invero, non ci appartiene.
Lo dico da europeo, come italiano, da campano.
E allora lunga, lunghissima vita a questa bella iniziativa e alla sana popolazione di Bellona che oggi ho visto commossa, fiera, compatta, raccolta intorno al focolare della sua memoria, della legalità, della salvaguardia dell'ambiente in cui vive.

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