Il vino del re Nasone: il Pallagrello

Con i Borbone ebbe inizio la politica tesa a creare un vero e proprio sistema di “siti reali” volti a rispondere ad esigenze di varia natura: abbondanza di selvaggina per soddisfare la passione venatoria dei sovrani; tutela ed espansione del patrimonio boschivo; bonifica delle zone paludose e fondazione di aziende agricole direttamente dipendenti dalla corona. È in questo contesto che si inserisce l’idea di Ferdinando IV, anche noto alla memorialistica borbonica come Re Nasone o Re Lazzarone (appellativi che gli affibbiarono gli scugnizzi che frequentava assiduamente e con i quali il re amava mischiarsi), di coltivare in un unico luogo, particolarmente vocato alla viticoltura, i ceppi da lui considerati più nobili e produttivi. Lì fu realizzata, probabilmente dall’architetto Luigi Vanvitelli, la prestigiosa Vigna del Ventaglio descritta nel 1826 come “un semicerchio diviso in dieci raggi, tanto somigliante ad un ventaglio che ne ha preso e ritenuto il nome. Ciascun raggio, che parte dal centro, ov'è il piccolo cancello d'ingresso, contiene viti d'uve di diversa specie”. Lapidi di travertino di Bellona poste all’inizio di ciascun raggio del ventaglio riportavano, sotto lo stemma della corona borbonica, il nome del vitigno: Lipari rosso, Delfino bianco, Procopio, Piedimonte rosso, Piedimonte bianco, Lipari bianco, Siracusa bianco, Terranova rosso, Corigliano rosso e Siracusa rosso. Il re apprezzava anzitutto il Piedimonte bianco e rosso e lo gradiva a tal punto da vietare severamente il passaggio in una vigna situata in località Monticello nella cittadina di Piedimonte Matese, dove aveva fatto impiantare questo vitigno. Qui, infatti, una lapide del 1775 vede incise le seguenti parole: “Ferdinando IV di Borbone, per grazia di Dio re delle Due Sicilie, fa noto a tutte e qualsivoglia persone di qualunque grado e condizione sia, che da oggi, non ardiscano né presumano di passare né ripassare per dentro la masseria di moggia 27 circa vitata sita nella città di Piedimonte nel luogo detto Monticello tanto di notte quanto di giorno con lume o senza, né a piedi né a cavallo né con carretti o some, sotto pena di ducati 50”. Il Piedimonte bianco e rosso, particolarmente amato dal sovrano, è conosciuto oggi come Pallagrello, perché nel dialetto locale “pallarello” vuol dire “rotondetto” in riferimento alla sfericità degli acini. Grazie alle attenzioni della corte reale di Napoli questa pregiata varietà, la cui provenienza è presumibilmente riconducibile alla Pilleolata romana, è sopravvissuta e, in seguito alla riscoperta e alla valorizzazione degli anni ’90 del secolo scorso, ha dato vita a produzioni di spiccata qualità favorendo la rinascita enologica della Campania.  

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