Lettera di lagnanza di 600 rettori e professori universitari: molti studenti non conoscono l’itali

Sono più di seicento i sottoscrittori di un'accorata lettera inviata al Governo e al Ministro della pubblica istruzione. Molti studenti universitari non sanno scrivere in italiano.
Si tratta a loro dire, e c'é da credergli, di una vera emergenza nazionale.
Ragazzi e ragazze, che si apprestano a diventare professionisti e dirigenti, mostrano povertà di linguaggio o vera e propria ignoranza di grammatica, lessico, sintassi e molti sono gli svarioni che i professori universitari leggono nella correzione di prove scritte d'esame e tesine di laurea.
I congiuntivi non si sa più cosa sono e molte anche le abbreviazioni stile sms che, purtroppo, sono utilizzate dagli studenti come il dittongo "ch" che tristemente diventa "k".
Le cause di tale sfacelo nazionale sono da ascrivere a diversi fattori.
Da un lato c'è, senza dubbio, l'impoverimento culturale delle famiglie, spesso confortate da una TV di infima qualità che induce a convincersi che nella vita serve molto di più la capacità di turpiloquio che un italiano appena un po' oltre a quello davvero di base.
Dall'altro una scuola dell'obbligo, anche i licei, progressivamente riempita di enciclopedici programmi che, ovviamente, perde ogni capacità di approfondimento.
Programmi via via svuotati di reali valenze formative e professori sempre più esautorati, fanno in modo che il diritto allo studio, che significa il consentire a tutti di accedere alle scuole, sia percepito come il diritto di diplomarsi o laurearsi senza aver raggiunto una reale competenza.
Una sorta di retaggio storico del "sei politico" di sessantottina memoria che si tramuta oggi in un buonismo valutativo disdicevolmente aberrante.
Stiamo discendendo una pericolosa china da cui, è facile comprendere, può determinarsi un effetto valanga: più i diplomati e i laureati di oggi sono ignoranti e maggiormente lo saranno quelli di domani, crescendo in seno a famiglie progressivamente meno acculturate.
Qualcuno potrebbe ritenere che in fondo non c'é danno a scrivere il "ch" con la "k", che sia anche più immediato tradurre la frase "ti voglio bene" con "tvb" o che si può tranquillamente vivere senza conoscere i congiuntivi.
Ovviamente non è così poiché c'é diretta corrispondenza tra il livello culturale della classe dirigente di una nazione e la sua situazione economica.
Maggiore competenza culturale, infatti, non significa soltanto saper esporre meglio i concetti di cui già si dispone ma anche avere gli strumenti culturali giusti per aprirsi a nuove idee con una profondità di analisi molto più spinta.
Significa avere un arsenale di armi molto più affilate nel complesso e competitivo mondo delle relazioni lavorative.
La lettera inviata dai professori e rettori delle tante istituzioni universitarie italiane è quindi un grido di denuncia e una richiesta d'aiuto al Governo e al Ministro della pubblica istruzione perché questo pericoloso andamento di progressivo impoverimento culturale si inverta o, quanto meno, si arresti.

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