Le origini della pubblicità in TV: il romanticismo di “Carosello”

Ricorre in questi giorni l'anniversario della nascita di "Carosello", la prima esperienza italiana di pubblicità in TV. Ben prima dei sofisticati spot odierni ed antecedentemente ai "consigli per gli acquisti" del Maurizio Costanzo Show, ci fu un epoca in cui alla televisione italiana si potevano gustare, ed è l'espressione giusta, delle mini commedie della durata di un minuto e mezzo che introducevano la réclame vera e propria che veniva proposta nei successivi trenta secondi.
Era "Carosello" il format (come oggi si direbbe) della pubblicità della neo nata televisione italiana.
La prima apparizione di "Carosello" avvenne ai primi di febbraio del 1957 e per circa venti anni tenne compagnia a grandi e a piccini che usufruivano del nuovo media.
Anzi, "Carosello" era proprio il limite temporale oltre il quale i bambini non potevano spingersi, le loro colonne d'Ercole, lo spartiacque che segnava l'inizio della serata degli adulti finalmente liberi dai pargoli che inesorabilmente erano stati mandati a dormire. Chi, oggi almeno cinquantenne, non ricorda i genitori concedere di poter continuare a vedere la TV ma solo fino a "Carosello"?
E, tra le tante mini commedie raccontate, c'era chi prendeva un famoso amaro a base di carciofo placidamente accomodato a un tavolino posto in mezzo a un convulso incrocio mentre la voce narrante spiegava che tale amaro era necessario per digerire la frenesia della vita moderna, c'era chi era incontentabile nella scelta degli elettrodomestici e si acquietava solo dopo aver trovato il marchio reclamizzato, e poi c'era anche un astuto investigatore di polizia che non avendosi cosparso il capo di brillantina di una certa marca, metaforicamente se lo cospargeva di cenere ammettendo pubblicamente l'errore.
Ma per la prima volta la pubblicità viveva anche di personaggi cartoon. Chi non ricorda Jo Condor, il bandolero e Carmencita con l'immancabile caffè, l'omino filiforme di una importante marca di pentole, Calimero, il monaco Cimabue e il suo amaro d'erbe, e i tanti altri personaggi disegnati?
Insomma il messaggio pubblicitario era stato sdoganato dall'austera TV di Stato ma doveva essere comunque successivo a un momento, comunque godibilissimo, artistico. Una formula che evidentemente piacque al pubblico al punto che "Carosello" era divenuta una trasmissione di grande successo.
Poi, come del resto aveva preconizzato il famoso amaro al carciofo, la frenesia della vita moderna ebbe il sopravvento e nel gennaio del 1977 "Carosello" andò in onda per l'ultima volta.
Il minuto e mezzo di commedia antecedente lo spot vero e proprio era divenuto un vero e proprio lusso, un costo insostenibile per il nuovo modello di comunicazione che avanzava che non aveva più alcun obiettivo educatore ma solo intento speculativo.
"Carosello" con la sua caratteristica tarantella napoletana che ne costituiva l'inconfondibile sigla fu interrotto e, con esso, scomparve una TV che ancora aveva qualche pretesa culturale e qualche intento di unità nazionale. Dopo "Carosello", infatti, iniziò l'epoca della TV spazzatura strillata a più non posso nelle televendite, nei talk show e finanche nelle trasmissioni di confronto politico.

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