Sanremo, kermesse canora tra cachet stellari e richieste di donazioni. Una questione morale

Il festival della canzone italiana ha preso il via anche se sugli strascichi delle polemiche

circa i lauti compensi accordati a conduttori ed ospiti.
Carlo Conti, ad esempio, percepirà circa 650.000 euro e da molte parti si levano opinioni di contrarietà per un compenso così ricco (e per così pochi giorni di festival) a fronte di una situazione economica generale del Paese tanto disastrata.
Il bravissimo presentatore si difende sottolineando che il suo cachet è comprensivo anche di altre incombenze come quella di direttore artistico dell'evento e che lui sta lavorando da mesi per perché tutto funzioni senza intoppi.
In effetti, a ben vedere, Conti quest'anno percepirà un introito lievemente inferiore a quanto speso nelle passate edizioni.
La sua alter ego Maria De Filippi, sorprendendo tutti, ha invece rinunciato a ogni profferta economica di mamma RAI spiegando che il suo impegno per il festival è stato tardivo e che, non avendo lavorato granché alla preparazione della manifestazione, non si sente di percepire compensi.
Una scelta, quella della De Filippi, che è stata apprezzata dalla gente comune.
A ben vedere, tuttavia, anche l'onorario di Conti non dovrebbe destare scalpore visto che non si limita a compensare l'impegno per le poche serate del festival ma deve essere considerato compensativo del lavoro di mesi e mesi di preparazione.
Inoltre quanti Carlo Conti esistono capaci di organizzare artisticamente un evento della complessità del festival?
In fondo è la stessa gente che critica e grida allo scandalo che determina tali situazioni.
È la legge della domanda e della offerta per cui se non c'é chi chiede o chi é disposto a pagare per un prodotto o servizio, non può esservi chi lo offre.
Analogamente al caso degli strapagati giocatori di calcio della serie A, è lo stesso pubblico che determina quotazioni stellari dei propri beniamini e i loro compensi da nababbi.
In un sistema capitalistico come quello occidentale, la vera questione morale non è tanto quella di pagare di più chi è capace di offrire prestazioni professionali non comuni ma la stridente contrapposizione per cui durante queste manifestazioni sono chiesti oboli per la ricerca medica o, come è il caso del Sanremo di quest'anno, per donazioni ai terremotati.
Insomma, è come se lo Stato abdicasse ai singoli cittadini le sue funzioni di dover garantire la ricerca nella sanità o i necessari ausili agli sfortunati senza tetto delle zone colpite dal sisma.
Eppure ogni italiano già paga le tasse per il funzionamento ordinario statale e anzi, a ben vedere, lo Stato già inserisce ulteriori balzelli (accise sui carburanti, iva, etc.) per coprire le spese straordinarie derivanti da sisma ed alluvioni che, poi, tanto straordinari non sono in un Paese ad alto rischio sismico ed idrogeologico come il nostro.
Insomma, a ben vedere, il vero scandalo morale a cui siamo costretti ad assistere nel corso di queste popolari trasmissioni non sono i relativamente alti compensi dei suoi protagonisti, tra l'altro in buona parte coperti dagli sponsor, ma dalla triste presa d'atto di uno Stato che chiede elemosine a un popolo già tanto vessato di tasse e balzelli vari.

 

 

 

 

 

 

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