Al forno o fritta, ognuno ne approfitta

Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza caraffa d’acqua fresca, e nu bicchiere de vino janco, e quando vide ch’accomenz’a fa lle campanelle, e sta p’ascì a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje tierze de sciore fino, votanno sempre co lo laniaturo; e quanno la pasta se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta e la lieve mettennola ‘ncoppa a lo tavolillo, co na sodonta d’uoglio; quanno è mezza fredda, che la puo’ manià, la mine co lle mmane per farla schianà si per caso nce fosse quacche pallottola de sciore: ne farraje tanta tortanelli come sono li zeppole, e le friarraje, o co l’uoglio, o co la nzogna, che veneno meglio, attiento che ta tiella s’avesse da abbruscià; po co no spruoccolo appuntuto le pugnarraje pe farle suiglià, e farle venì vacante da dinto; l’accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe farle venì chiù tennere farraje la pasta na jurnata primma. Così, nel suo trattato di gastronomia intitolato Cucina pratico-teorica, Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nel 1837 riporta la prima ricetta scritta del dolce tipico della festa di tutti i papà, la zeppola, indicando con questo termine “tortanelli” a base di acqua e farina fritti in olio o nella sugna. Per ricercare l’origine della voce “zeppola” dobbiamo fare un viaggio a ritroso e polarizzare la nostra attenzione sulle Liberalia, feste romane celebrate il 17 marzo in onore di Liber, dio italico dei frutti poi identificato con Bacco, in occasione delle quali si bevevano fiumi di vino e si friggevano frittelle di frumento. Con ogni probabilità questi gustosi dolcetti, oggi decorati con crema pasticcera sormontata da un’amarena, sono i discendenti delle antiche frittelle romane. Etimologicamente il termine richiamerebbe il latino serpula(m), perché la tipica forma della zeppola rammenta proprio quella di un serpentello che si avvolge su stesso. Come di consueto ci si perde in una serie infinita di “si dice” che tentano di ricostruire la paternità, ma la versione più accreditata vuole che la zeppola di san Giuseppe sia un dolce conventuale in quanto nato nel monastero di santa Chiara ad opera delle clarisse che le preparavano nei giorni festivi, e poi divenuto celebre grazie all’inventore della sfogliatella, Pasquale Pintauro, che alla ricerca di nuove invenzioni, si sarebbe chiuso nel suo laboratorio per uscirne solo un 19 marzo con questa ennesima creazione. Al di là della sua storia e delle sue origini etimologiche, la zeppola come altri dolci tipici costituisce l’orgoglio della pasticceria napoletana, ma come ricorda un’epigrafe del filologo Emmanuele Rocco " Napoli inventò le zeppole / tutta l'Italia / se ne leccò le dita ".

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