L’inquinamento lascia tracce nel cervello
Tracce altamente tossiche di inquinanti dell'aria sono state trovate nel cervello umano in quantità allarmanti, provocando danno ossidativo che potrebbe essere collegato a malattie come quella di Alzheimer. Alcuni ricercatori dell'Università di Lancaster (UK) hanno individuato alte concentrazioni di magnetite, un ossido di ferro tipico delle aree ad alto tasso di inquinamento industriale o molto trafficate, nel cervello di 37 persone decedute, di età compresa tra i 3 e gli 85 anni e provenienti da Città del Messico e Manchester. Si parla di milioni di nanoparticelle inquinanti per grammo di tessuto, una concentrazione impressionante, soprattutto se si pensa che la magnetite è una sostanza altamente bioreattiva, capace di creare un forte danno ossidativo alle cellule circostanti. La ricerca desta preoccupazione perché alte concentrazioni di magnetite sono state trovate tra le placche che si accumulano nel cervello delle persone con malattia di Alzheimer, e il legame tra inquinamento dell'area, stress ossidativo e rischio di malattie neurodegenerative è già supportato da diversi studi. Lo studio è comunque ben lontano da dimostrare che le particelle inquinanti dell'aria o possano provocare la malattia di Alzheimer (il cervello con la maggiore concentrazione di magnetite apparteneva a un 32enne vittima di incidente stradale).Le particelle di magnetite si formano anche naturalmente nel cervello, ma in genere sono piccole e a forma di cristallo. Quelle trovate dal team hanno invece una caratteristica comune e inconfondibile: sono lisce e tondeggianti, perché derivanti dal metallo fuso prodotto dalla combustione, e si accompagnano in genere ad altre sostanze inquinanti come cobalto, platino e nickel. Per ogni particella di magnetite "naturale" identificata, ne sono state trovate 100 di origine industriale. Ma come hanno fatto le nanosfere a inquinare il cervello? Queste particelle hanno un diametro inferiore a 200 nanometri (quello di un capello umano è di 50.000 nanometri): il naso non le blocca e si pensa riescano a filtrare attraverso il bulbo olfattivo, per poi arrivare facilmente alla corteccia frontale o all'ippocampo, aree danneggiate nei cervelli con Alzheimer. Proprio un ridotto senso dell'olfatto è tra i primi campanelli d'allarme di questa malattia. La ricerca dimostra che le particelle inquinanti che respiriamo sono in grado di arrivare fino al cervello, che contaminano in abbondanza.