Gli “strangulaprievete”: si rischia davvero di strozzarsi?

"Piglia lo sciore, e pe 12 perzone, pigliarraje doje rotola de sciore, e no ruotolo de semmola, mpastarraje ogne ncosa co no poco de sale, e no poco de nzogna, e acqua cauda, mena bona la pasta ma che non sia tanto tosta; doppo farraje tanta maccarune, e li tagliarraje comm’ a struffoli, e co doje deta li ncavarraje; quando volle la caudara (che sia co acqua a grasso) nce li mine, e vidarraje ca quanno so cuotti se ne sagliano ncoppa all’acqua, allora ne li lieve da coppa a lo fuoco, e li meniestrarraje jenchennole de chiù de na sciorta de frommaggio, nge miette lo brodo, e li farraje stufà”. Così, nel suo trattato di gastronomia intitolato “Cucina pratico-teorica”, Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino nonché appartenente ad un’antica famiglia nobile che discendeva direttamente dal famosissimo Guido Cavalcanti, indica con il termine “strangolaprievete” gnocchi realizzati con fiore di farina e semola di grano duro in parti uguali, impastati con sugna, sale e acqua calda. Quindi bolliti e conditi con brodo di stufato e formaggio grattugiato. Conosciuti in tutto il mondo con nomi differenti a seconda della forma e degli ingredienti utilizzati per l’impasto (farina di frumento, di semola, patate, mandorle e via dicendo), il termine strangulaprievete deriverebbe etimologicamente dall’unione di due parole greche: “straggalao” con il significato di torcere, arrotolare, e “prepto”, incavare, comprimere. È chiaro che i due lemmi concernono la duplice operazione dell’arrotolamento e dell’incavatura, utili a dare la forma a questo tipo di pasta, e dunque non hanno alcuna attinenza con il mondo clericale, come invece vuole un simpatico aneddoto diffusosi nell’opinione popolare. Esso narra di un prete che un giorno per la sua ingordigia mangiò con una tale rapidità il suo piatto di gnocchi da rischiare di strozzarsi. Allude all’idea del soffocamento anche una definizione tratta da uno dei tanti dizionari, la quale recita in maniera alquanto impropria: “Gnocchetto duro e compatto, che, essendo di difficile masticazione, rischia di far morire soffocati”. Anche se l’italiano ha operato una vera e propria storpiatura del nome trasformandolo in strozzapreti, il termine “strangulaprievete” resta l’unico che si possa in qualche modo arrogare il diritto di indicare gli gnocchi napoletani che rappresentano una vera prelibatezza della cucina campana. Dunque, non resta che gustarli alla faccia di chi pensa che con essi si rischia di strozzarsi!

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