Filmata in minigonna, è ora ricercata
Una passeggiata in minigonna fra le rovine di un antico castello. Tutto normale in una calda giornata estiva se non fosse che la ragazza, immortalata da un video poi postato in Rete, si trovava in Arabia Saudita. La donna, nome d’arte Khulood, è ora ricercata dalla polizia perché ha violato le rigide norme in materia di abbigliamento femminile, per di più in uno dei luoghi storici più visitati nel Regno, il Forte di Ushaiqer, a 155 chilometri da Riad.
Il video ha fatto esplodere il dibattito sul Web ma le autorità di Ushaiqer hanno chiesto alla polizia di trovare la ragazza e arrestarla. Le saudite hanno l’obbligo di indossare un lungo abito nero, l’abaya, che copre le forme e la testa. Per le straniere non ci sono obblighi ma viene consigliato comunque di indossare l’abaya. Questa distinzione ha acceso le discussioni perché molti, su Twitter e Facebook, hanno notato che se “la ragazza fosse straniera a questo punto staremmo a discutere su quanto è bella, non se è giusto arrestarla o no”. Altri hanno invece chiesto che venisse punita e soprattutto che venisse ripristinata la polizia religiosa, l’Haya, acronimo di “Comitato per la difesa della virtù e la prevenzione del vizio”. I poteri dell’Haya sono stati ridimensionati su spinta del principe ereditario Mohammed bin Salmam, e adesso l’Haya non può più eseguire arresti ma deve rivolgersi alle autorità giudiziarie generali.
Nel Regno restano comunque le norme più restrittive di tutto il mondo musulmano. Le donne non possono guidare e devono uscire accompagnate da un parente maschio. Le nuove generazioni, il 65 per cento dei sauditi ha meno di 30 anni, sono però sempre più indifferenti. Il video postato su SnapChat è servito, probabilmente, proprio per provocare il dibattito, come in precedenza quelli dove si vedevano giovani donne che guidavano. E molte donne sul Web hanno elogiato “il coraggio” di Khulood.
Il “Comitato per la difesa della virtù e la prevenzione del vizio” ha comunque detto di aver aperto le indagini e di essere in contatto “con le autorità competenti”. La provincia dove si trova il forte di Ushaiqer è il Najd, il cuore stesso della dinastia Saud e soprattutto la culla del wahhabismo, la versione più conservatrice dell’islam che segue rigidamente i precetti della scuola di diritto hanbalita. Nel Regno, la sharia è ancora l’unica fonte del diritto (a parte quello commerciale modellato sul codice francese) e quindi anche le norme su abbigliamento e condizioni femminile rispecchiamo questa visione conservatrice. Gli internauti del Najd si sono infatti schierati massicciamente con il fronte consevatore: “Dobbiamo rispettare le norme del Paese”, osservano. In Francia il niqab è proibito e le donne che lo indossano sono multate. In Arabia Saudita è obbligatorio l’abaya e un abbigliamento modesto”. Il niqab è il velo nero che copre anche il volto con una veletta, e lascia scoperti solo gli occhi, è diffuso nei Paesi del Golfo e in Egitto. In segno di apertura però ora le saudite possono indossare anche l’hijab, che copre la testa e i capelli ma non il viso. Un piccolo passo avanti.
Nel dibattito è intervenuto anche lo scrittore Wael al-Gassim. “Pensavo che si fosse fatta esplodere o avesse ucciso qualcuno. Invece aveva solo indossato una minigonna. Mi chiedo come la Vision 2030 possa aver successo se viene arrestata”. La Vision 2030 è l’ambizioso programma di riforme economiche lanciato dal principe Mohammed bin Salman, con l’obiettivo di rendere il Regno meno dipendente dal petrolio, creare un’economia basata su servizi e industria avanzata.
Per raggiungere l’obiettivo serve coinvolgere la forza lavoro locale, comprese le donne che oggi rappresentano solo il 22 per cento degli occupati. Il Paese, 32 milioni di abitanti, si regge sul lavoro di 8 milioni di immigrati che nel settore privato occupano gran parte dei posti, da quelli più umili a quelli dirigenziali. La “sfida della minigonna” va oltre il costume, come quella per poter guidare l’auto e andare al lavoro da sole. In gioco c’è il futuro dell’Arabia.