È morta l’icona del cinema francese
Il caschetto biondo, il sorriso e l'immancabile sigaretta accesa. Se ne è andata, qualche giorno fa, Jeanne Moreau, icona del cinema francese, attrice e regista. E’ stata la cameriera a trovarla senza vita nella sua storica casa di Parigi, in Rue du Faubourg Saint-Honoré. Aveva 89 anni. Si dichiarava una sopravvissuta "alla bellezza, che prima di tramontare ci regala l'acre profumo dell'intelligenza".
Nella sua carriera è stata scelta per ruoli di primo piano da grandi registi francesi, come Louis Malle e, soprattutto, da quelli della Nouvelle Vague, come Francois Truffaut e Jean-Luc Godard. Negli anni ’90, Luc Besson la scelse per interpretare l'insegnante di buone maniere della killer Anne Parillaud, nel film “Nikita”. Ma quando le si chiedeva della sua imponente filmografia, Jeanne Moreau spiegava: "Non la chiamo carriera. Per me è un modo di vivere, un dono. Ho sempre scelto di seguire artisti che ammiravo, rifiutando anche ruoli importanti. Per me è sempre stato così". Il presidente francese, Emmanuel Macron, le ha reso omaggio: "Con lei, scrive in una nota diffusa dall'Eliseo, scompare un'artista che incarnava il cinema nella sua complessità, nella sua memoria, nella sua ambizione". Jeanne nasce a Parigi il 23 gennaio del 1928. Il padre è proprietario di un famoso ristorante a Montmartre, “La Coche d'Or”, la madre, Kathleen Sarah Buckley, una ballerina inglese delle Tiller Girls, che accompagnavano la Baker alle Folies Bergère. Per questo Jeanne era bilingue. Da ragazzina vuole fare la violinista e poi la ballerina. Adolescente, un pomeriggio accompagnando delle amiche a vedere “l'Antigone”, a teatro, capisce che il palcoscenico è la sua strada. Nel 1946 entra al Conservatorio. A 19 anni debutta al Festival del Teatro di Avignone e a 20 è ammessa nel corpo della prestigiosa ComédieFrançaise. E’ la più giovane del gruppo. Quando il cinema la scopre, Jeanne è già una grande attrice teatrale. Una serie di ruoli minori, come in "Grisbi" nel 1954, precedono la sua prima occasione da protagonista, col film di Jean Dréville, "La regina Margot". E sempre nel 1954, diventata madre di Jerome, avuto dal marito-regista Jean-Louis Richard. La notorietà internazionale arriva con "Ascensore per il patibolo" di Louis Malle. In questo “noir”, sono indimenticabili la passeggiata notturna per le strade di Parigi e la colonna sonora del compositore Miles Davis. Il ricordo del primo incontro con Malle, con cui avrà un'intensa relazione professionale e sentimentali, lo affida al “Cahiers du cinéma”. "E' stato un giorno di primavera, alla Closerie del Lilas. Siamo su una terrazza quando si scatena una tempesta che faceva presagire quello che sarebbe stato il nostro film, ma anche il nostro rapporto". François Truffaut è un altro regista fondamentale per la sua carriera.
Un ruolo piccolo in "I quattrocento colpi" (1959) e giunge il momento dell'avventura italiana con Michelangelo Antonioni, "La notte", del 1960. Nello stesso anno arriva un riconoscimento ufficiale dal Festival di Cannes che la consacra migliore attrice per il film “Moderato cantabile”, di Peter Brook. Vi è poi la consacrazione con "Jules e Jim", nel triangolo amoroso più famoso della storia del cinema. Di quel film, aveva raccontato in una intervista: "La gente ne dimentica la fine, che è terribile e crudele. A New York, a Los Angeles, mi è capitato di parlare con studenti che lo hanno visto. Sono entusiasti, perchè lo ritengono una stupenda storia d'amore. Quando però io dico che è un film terribile, rimangono interdetti. Ho chiesto loro se ricordavano il finale: quasi tutti lo avevano scordato. Ecco, credo che i ragazzi non vogliano pensare che sia impossibile vivere quell'amore, che sia un'utopia". E ancora, di quel film , "Credo che sia un film che Tuffaut e tutti noi abbiamo fatto con leggerezza, profondità ed allegria allo stesso tempo. Avevamo pochi soldi, ma anche una grande libertà di lavorare così come volevamo". E regala un aneddoto culinario: "Facevo da mangiare per tutte le ventidue persone della troupe. All'epoca avevo comprato una Rolls-Royce d'occasione. Una gran bella macchina, con la quale il mio autista andava a fare la spesa. François Truffaut mi lasciava sempre libera un'ora prima degli altri, perché potessi cucinare per tutti. Dopo quel film Jeanne Moreau viene cercata dai più grandi autori del mondo, molti dei quali scriveranno ruoli appositamente per lei. Nel 1962 "Il processo" di Orson Welles. Nello stesso anno, con Joseph Losey, gira "Eva", mentre l'anno dopo è sul set, con Luis Buñuel, per "Il diario di una cameriera". Il marito Jean Lous Richard, nel 1965, la trasforma nell'affascinante spia Mata Hari, l'agente segreto H21. Nel 1976 passa dietro la macchina da presa, attività che prosegue nel corso degli anni, con “L'adolescente”, nel 1979 e “Lillian Gish”, nel 1983. Nel 1977, dopo il divorzio con Richard sposa il regista americano William Friedkin, dividendosi tra l'Europa e gli Stati Uniti. Ancora un divorzio e negli anni Novanta è il momento di "Nikita" per Luc Besson e poi, con Wenders, in "Fino alla fine del mondo" del 1991, per merito di Wim Wenders. Dopo trentacinque anni da "La notte", ritrova Antonioni e Mastroianni, nel 1995, in "Al di là delle nuvole". Nel 2000 il Festival di Berlino la premia con l'Orso d'Oro alla carriera. Dal romanzo di Margaret Edson, (Premio Pulitzer 1999 per "Wit"), trae ispirazione per la sua prima regia teatrale, "Un tratto dello spirito", storia di una donna condannata a morire di cancro. Recita nello sceneggiato televisivo "I miserabili”, nel 2000 e, nello stesso anno, in un film italiano, “Il manoscritto del principe Roberto Andò”. Va ricordato anche. Nel 1992 Jeanne Moreau riceve il Leone d'Oro alla carriera, dalla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Nel 1995 il Premio César. Nel 1998, viene organizzato, per lei, un omaggio da parte dell'Academy statunitense, presentato da Sharon Stone. In Francia è l'unica attrice ad aver presieduto per due volte la giuria del Festival di Cannes, nel 1975 e nel 1995. Ci ha lasciato un’icona del cinema francese, del cinema mondiale.