“Così ribalteremo i pronostici”, da Roma alla Sicilia
Matteo Renzi è rientrato dalle vacanze soddisfatto. I dati dell’economia sono positivi, secondo l’Istat. La tensione tra i ministri Delrio e Minniti è rientrata anche grazie al suo intervento. L’alleanza in Sicilia con Alfano è in dirittura d’arrivo. Le vendite del suo libro ”Avanti” vanno a gonfie vele (primo in classifica nella saggistica). Tuttavia ha davanti un autunno pieno di incognite e attorno tanti nemici, anche dentro il partito, pronti a fargli la pelle se le elezioni regionali nell’isola dovessero andare male. Quando è andato a Palermo, a metà luglio, Renzi ha messo le mani avanti, affermando che “non si farà certo il Congresso del PD e non si cambierà il segretario se si perderà in Sicilia”. Sarebbe un suicidio a pochi mesi dalle politiche del 2018, ma lui a quel voto ci arriverebbe ammaccato e in condizioni di debolezza. Certamente non farebbe le liste elettorali come vorrebbe.
Nonostante l’intesa con Alternativa Popolare, Renzi è molto prudente sul risultato siciliano. Non dà nulla per scontato e ricorre alla vecchia schedina di calcio: “È una partita da 1X2”. A questa partita non vuole dare valenza nazionale. Eppure ce l’ha e ne è ben cosciente. Non è un caso che abbia dato un mandato politico ben preciso a Graziano Delrio e Lorenzo Guerini. L’intesa non è solo locale e così ha sbloccato l’impasse. Per eleggere i senatori, la coalizione PD-AP verrà estesa a tutte le Regioni. La Sicilia è solo il primo tempo della partita, nel quale segnare un punto a favore di Renzi per non essere messo in discussione e per scendere in campo nel 2018 in vantaggio rispetto agli avversari interni e alla sua sinistra.
In Sicilia, però, sia il Movimento Democratici e Progressisti che la Sinistra Italiana faranno parte della coalizione che sfiderà i 5 Stelle e il centrodestra. È molto probabile che andranno a comporre la “Lista dei Territori”, a forte impronta civica: amministratori, sindaci, esponenti delle associazioni e, appunto, candidati bersaniani e vendoliani. A questa lista sta lavorando Leoluca Orlando, rieletto proprio con una coalizione che va da Alternativa Popolare a Sinistra italiana. Vengono dal sindaco di Palermo i maggiori problemi ad accettare una candidatura a governatore indicata dai centristi.
Orlando spinge a favore del Rettore dell’Università palermitana Fabrizio Micari, un nome fuori dai giochi dei partiti. Pone il veto su candidature dal profilo tutto politico, soprattutto se centrista come Gianpiero D’Alia e sul nome dell’eurodeputata del PD, Caterina Chinnici, figlia del magistrato ucciso dalla mafia eletta a Strasburgo con oltre 130 mila preferenze. Sconta il fatto di essere stata assessore della giunta di Raffaele Lombardo.
Insomma, sulla poltrona più alta di Palazzo d’Orleans anche il centrosinistra ha diverse difficoltà a scegliere. Ma il punto sempre più certo è che Alfano ha voltato le spalle al centrodestra e punta alla costruzione di un’area moderata alleata con il PD. Deve far passare questa scelta, che non è solo locale, nel partito, da Milano a Palermo. Fa girare la voce che non c’è ancora una decisione definitiva, ma le parole del suo coordinatore siciliano e uomo forte nell’isola, Giuseppe Castiglione, sono chiare. “Il dialogo con il PD c’è, va avanti, è positivo. E ribadiamo la nostra richiesta di una candidatura centrista alla presidenza della Regione. Le elezioni in Sicilia – ha sottolineato Castiglione – sono chiaramente di carattere locale, ma a pochi mesi dalle politiche, con il PD stiamo chiaramente facendo una riflessione per costruire un percorso anche a livello nazionale”.
La strada sembra ormai segnata. Anche dentro AP i tasselli stanno andando a posto. A fine luglio, Castiglione ha riunito il gruppo parlamentare dell’Assemblea Regionale Siciliana e nessuno ha sollevato problemi. C’è stato un via libera quasi unanime. L’annuncio a settembre.