La fidanzata di Corinto (Die Braut von Corinth)
È una Ballata composta da Johann Wolfgang von Goethe ed ispirata dal tema, d'amore e morte, narrato durante il Medioevo da Flegonte. La prima traduzione in italiano di quest'opera (Die Braut von Corinth) si deve a Benedetto Croce; di seguito, potrete leggere, la pubblicazione dell'opera di Goethe, riportata da Jules Michelet (traduzione a cura di Paola Cusumano e Massimo Parizzi). Come celebrare l'autunno, attraverso la scrittura, se non attraverso l'esposizione di questo racconto vampiresco che si trascina sull'asse vita – morte proprio come l'equinozio stesso?
Questa è la storia della morte della vita, voluta dal cristianesimo, ristagnata in se stessa troppo a lungo e senza nessuna apparente rinascita. Come Michelet scrive nel suo libro, ritroviamo questa storia "nel XII secolo, nel XVI, come il radicale rimprovero, l'indomabile richiamo della Natura". La giovane vampira non è altro che la gioventù costretta alla privazione dei suoi istinti, la gioventù avvolta nel sudario di una vita morta che finisce per chiudere la ballata in una danza macabra. È un'allegoria; è la personificazione della storia di una forzatura alla morte del popolo. Un racconto che parla, attraverso i simbolismi della morte, di una realtà che non è molto diversa dalla sua rappresentazione fantastica. La fiaccola dell'amore si trasforma in un rogo di morte e di tragica visione di speranza.
<<Un giovane ateniese va a Corinto, da chi gli promise la figlia. È rimasto pagano, e non sa che la famiglia in cui credeva di entrare è diventata cristiana. Arriva molto tardi. Tutto dorme, tranne la madre, che gli serve il pasto dell'ospitalità, e lo lascia dormire. È molto stanco. Appena assopito, una figura entra nella camera: una ragazza, vestita, velata di bianco; porta in fronte una fascia nera e oro. Lo vede. Stupita, solleva la mano bianca: "Sono dunque già tanto straniera in questa casa?… Ah, povera reclusa… Ma ho vergogna e me vado. Riposa".
"Rimani, graziosa fanciulla, ecco Cerere, Bacco, e con te, l'Amore. Non aver paura, non impallidire." "No, stammi lontano. Non son più della gioia. Per un voto di mia madre malata, la gioventù e la vita sono in catene per sempre. Gli dèi son fuggiti. E gli unici sacrifici sono vittime umane." "Come, sei tu? Tu, mia fidanzata diletta, che mi fosti data fin dall'infanzia? Il giuramento dei nostri padri ci unì per sempre nella benedizione del cielo. Vergine, sii mia." "No, amico, no, non io. Avrai la mia sorellina. Se gemo nella fredda prigione, tu, nelle sue braccia, pensa a me; io mi consumo e non penso che a te, e la terra mi coprirà." "No, lo giuro su questa fiamma; è la fiaccola d'Imene. Verrai con me da mio padre. Rimani, mia amata." Come dono di nozze, lui offre una coppa d'oro. Lei la sua catena; ma preferisce alla coppa una ciocca dei suoi capelli.
È l'ora degli spiriti; lei beve, dalle sue labbra pallide, il cupo vino color sangue. Poi beve lui, avidamente. E invoca l'amore. Lei, il povero cuore se ne andava, resisteva ancora. Ma lui si dispera, e crolla in lacrime sul letto. Allora, lei gli si getta accanto: "Come mi fa male vederti soffrire. Ma se tu mi toccassi, ne saresti atterrito. Bianca come la neve, fredda come il ghiaccio, ah, è questa la tua fidanzata." "Ti scalderò io. Vieni. Quando uscirai dalla tomba…" Si scambiano sospiri e baci. "Non senti come brucio?" L'Amore li stringe e li unisce. Le lacrime si intrecciano al piacere. Lei beve, avida, il fuoco della sua bocca; la passione amorosa accende il sangue gelato, ma il cuore non batte nel petto. La madre era là, ascoltava. Dolci promesse, crisi di pianto e piacere. "Sss. Il canto del gallo. A domani, di notte." Poi, addio, baci su baci. La madre entra, indignata. Cosa vede? Sua figlia. Lui la nascondeva, l'avvolgeva. Ma lei si libera, s'alza dal letto alla volta: "Madre, madre, mi invidiate dunque la bella notte, mi cacciate da questo tepore. Non vi basta avermi avvolta nel sudario, e portata precoce alla tomba? Una forza ha tolto la pietra. I vostri preti ebbero un bel bisbigliare sulla fossa. Che possono il sale e l'acqua, dove arde la gioventù? La terra non gela l'amore. Avete promesso; vengo a chiedere il mio bene. Ah, amico, tu devi morire. Lamguiresti, appassiresti qui. Ho i tuoi capelli; saranno bianchi domani. "Quando l'avrò esaurito, passerò ad altri; la giovinezza soccomberà al mio furore." Madre un'ultima preghiera. Aprite l'oscura prigione, alzate un rogo, che l'amante abbia il riposo delle fiamme. Splenda la scintilla e s'arrossi la cenere. Andremo dai nostri antichi dèi>>.