Indipendenza catalana: le ragioni dello scontro

Il prossimo primo ottobre la “Generalitat” della Catalogna ha indetto un referendum “di natura vincolante” per la proclamazione d’indipendenza dalla Spagna. Il premier spagnolo Mariano Rajoy sta cercando in tutti i modi di ostacolare la votazione, accusando il parlamento autonomo catalano (guidato da una coalizione indipendentista) di “disobbedienza, abuso di potere e malversazione di denaro”. Ma quali sono le origini di dissidio tra Madrid e Barcellona? Storicamente la Contea di Catalogna, che fin dal Medioevo aveva fondato le proprie istituzioni in nome della comune cultura, tradizione e lingua catalana, rimase formalmente autonoma da Madrid almeno fino al regno di Filippo II, che proibì le istituzioni democratiche e le tradizioni regionali. Così, quando nel 1701 scoppiò la guerra di successione spagnola, la Contea si schierò contro la Spagna, a favore di un re (nello specifico l’arciduca Carlo d’Asburgo) che avrebbe favorito una maggiore autonomia della nazione catalana rispetto al suo rivale Filippo di Borbone. I catalani furono sconfitti l’undici settembre del 1714, che da quel giorno divenne la diada, la festa nazionale della Catalogna. Per circa due secoli, la regione scompare dalle carte geopolitiche fino al 1931, quando venne rifondata la Generalitat, grazie alla proclamazione della Repubblica Spagnola. Ma la guerra civile del 1936-39 ed il successivo avvento di  Francisco Franco frenarono e repressero l’autonomia della regione: la Generalitat fu costretta all’esilio e la lingua catalana fu proibita e vietata. Si dovrà attendere la morte del dittatore (avvenuta nel 1975) prima che i catalani possano riottenere le proprie istituzioni democratiche ed il riconoscimento della loro cultura. Almeno fino al 2010, i rapporti  tra il governo centrale spagnolo e l’istituzione regionale sono stati pacifici: nel 2006 la Spagna, guidata dal socialista Zapatero, riconobbe lo status di nazione alla Catalogna, che quindi poté godere di una larga autonomia, soprattutto in campo economico. Si ricordi infatti che la regione contribuisce al 20 % del PIL nazionale, grazie alla presenza, sul suo territorio, di circa seicentomila imprese. Ma con l’elezione del primo ministro Rajoy, del Partito Popolare, la situazione cambia vertiginosamente e nel giro di quattro anni si arriva ad un primo referendum, solo orientativo, che però mette in allarme Madrid. La sensazione è che con un dialogo tra le due parti si possa arrivare ad un accordo sensato e indolore. Ma il governo spagnolo non sembra disposto al dialogo: lo scorso venti settembre la polizia spagnola arresta quattordici deputati del Parlamento catalano per l’organizzazione del referendum. A questo atto di forza vi è una forte risposta popolare, che può perfettamente spiegare quale sia la situazione a Barcellona e dintorni. Inoltre la Corte di Cassazione di Madrid ha già dichiarato illegale il referendum. Ma la Generalitat di Catalogna ha intenzione di proseguire il suo cammino verso l’indipendenza.    
Ricerche compiute grazie all’aiuto di una studentessa dell’Università di Barcellona

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