La mozzarella, l’oro bianco della Campania
In un accreditatissimo dizionario online, la voce “mozzarella” recita così: latticinio tipico della Campania (oggi prodotto industrialmente anche in altre regioni italiane), ottenuto, un tempo, con latte esclusivamente di bufala, attualmente anche con latte misto di bufala e di vacca, oppure soltanto di vacca (risultando, in quest’ultimo caso, relativamente più magro); si prepara da una cagliata che, spezzettata, privata del siero e fatta maturare per alcune ore, viene immersa in acqua a 80-90 °C e manipolata in modo da ottenere una specie di cordone filamentoso da cui si ricavano le varie forme e pezzature. Etimologicamente il termine deriva da “mozzare”, ovvero tagliare la pasta filata nei tipici ovuli delle dimensioni volute. Ma torniamo un po’ indietro negli anni per venire alle origini di quello che Plinio definisce “laudatissimum caseum” nella solita Naturalis Historia. Dotata di una storia ultramillenaria, che lega le sue origini all’introduzione dei bufali dall’India ad opera dei Normanni, o degli Arabi, o addirittura dei Romani, la mozzarella è attestata probabilmente per la prima volta in un documento risalente al XII secolo e oggi conservato nell’Archivio Episcopale di Capua. In esso si evince che “una mozza o provatura con un pezzetto di pane era la prestazione che i monaci del monastero di S. Lorenzo in Capua davano in agnitionem dominii al Capitolo Metropolitano e ai pellegrini che ogni anno per antica tradizione recavasi processionalmente in quella Chiesa”. Ma la parola “mozzarella” viene impiegata per la prima volta solo nel 1570 ad opera di un cuoco della corte papale, Bartolomeo Scappi, che nel suo libro di ricette recita così: “Capo di latte, butirro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte”. Se inizialmente il consumo di mozzarella era limitato alla zona di produzione data la sua deperibilità, dalla seconda metà del Settecento si assiste alla nascita di un vero e proprio mercato di questo latticino. Con i Borbone, quindi con l’illuminato Carlo III prima e i suoi successori poi, nell’ambito di una riorganizzazione territoriale finalizzata alla ripresa economica nacque la prima industria casearia, la Reale Industria della Pagliata delle Bufale. Ma i reali detenevano anche un’altra tenuta, la Tenuta di Persano nella Piana del Sele, dove nel 1787 si recò Goethe a visitare i templi di Paestum. Qui, il noto scrittore, impressionato dalla vista di un bufalo, scrisse: “La mattina dopo, per tempissimo, trattammo per vie impraticabili e qua e là paludose fino ai piedi di due belle montagne, attraversando canali e ruscelli e incontrando bufali dall'aspetto di ippopotami e dagli occhi selvaggi e iniettati di sangue”. Come facciamo, invece, a riconoscere una buona mozzarella? Lasciamo la risoluzione del dilemma a Totò. Nella famosa scena del cappotto, Don Pasquale il fotografo si rivolge a Felice Sciosciammocca dicendo: “pigli queste dita, premi la mozzarella, se cola il latte le prendi, se no desisti”.