Da qui gli iracheni non passeranno mai
La linea dei “peshmerga” corre lungo un terrapieno che sovrasta il Piccolo Zab. Verso Sud si vede il ponte distrutto, riverso nel letto del fiume. Venerdì scorso i curdi l’hanno fatto saltare in aria, prima che i carri armati dell’esercito iracheno e delle milizie sciite lo attraversassero. “Dopodiché mancavano 45 chilometri di autostrada per raggiungere Erbil”, spiega il Generale Kamal Karkuki. È un veterano delle battaglie sul campo e in politica, già Presidente del Parlamento Curdo, mandato sul fronte più caldo nella guerra fra il governo centrale di Baghdad e il Kurdistan.
Lo schieramento dei peshmerga è nascosto dietro le trincee. Le postazioni strategiche, quelle che proteggono i lanciamissili anti-tank e i pezzi di artiglieria da 122 millimetri, sono tenute segrete. Si vede solo qualche jeep con cannoni da 105 mm. montati sopra. “Venerdì gli abbiamo dato una bella lezione”, continua Karkuki, “per ora non ci aspettiamo nuovi attacchi frontali”. Negli ultimi tre giorni ci sono stati solo scambi di colpi di assaggio, di mortaio e mitragliatrici.
“Ci sono tanti iraniani, centinaia e centinaia”, conferma il generale curdo, contento per le parole pronunciate domenica dal Segretario di Stato americano Rex Tillerson, arrivato a sorpresa a Baghdad, che ha invitato i miliziani di Teheran a lasciare l’Iraq. “In ottanta”, prosegue Karkuki, “l’hanno già fatto, ma dentro una bara”. La cifra è stata calcolata in base ai rapporti degli informatori nelle zone curde, riprese dagli iracheni. Hanno portato i corpi verso Sud, poi hanno attraversato il confine a Meheran. Se non fossero stati iraniani li avrebbero lasciati lì.
“Nella battaglia, l’esercito iracheno e le milizie hanno perso 155 uomini, più centinaia di feriti. Non si aspettavano una reazione così forte. Li abbiamo avvertiti di non passate il fiume, di non attaccare. Hanno mandato avanti un Abrams, che ha cominciato a tirare sulle nostre posizioni con il pezzo da 120 mm.. Lo abbiamo distrutto con un missile Milan, poi abbiamo colpito almeno 10 blindati Humvee. La loro colonna si è sgretolata e si sono ritirati dentro Altun Kupri”, racconta Karkuki.
Il Piccolo Zab divide Altun Kupri dalla cittadina di Pirde, dove sono assestati i peshmerga. Il fiume è la nuova frontiera provvisoria, ma gli iracheni vogliono spingersi più su, almeno fino al check-point di Kuz Tapa, dove una volta finiva la Regione Autonoma Curda, ad appena venti chilometri da Erbil. “Non passeranno mai. Kirkuk è caduta solo per il tradimento di una parte del partito Puk. Hanno ritirato i loro peshmerga di notte e all’alba gli abitanti si sono risvegliati con le milizie Hashd al-Shaabi per le strade. Se avessimo potuto combattere come abbiamo fatto qui sarebbe ancora nostra”.
I “traditori” sono i figli dell’ex leader del Puk, Jalal Talabani, morto tre settimane fa, che hanno preso in mano il partito e si sono accordati con Baghdad e con l’Iran. “Non li perdoneremo mai, pagheranno come pagheranno quelli che stanno compiendo crimini a Kirkuk, le milizie Al-Hussein e Al-Khorasan in particolare. Sappiamo di civili uccisi, di case bruciate”, minaccia il Generale Karkuki. Ma anche l’esercito iracheno ha partecipato all’offensiva, con la 22^ Divisione e la Nona, corazzata. Questo rende i tentativi di riconciliazione molto difficili.
“Siamo per una soluzione politica ma Baghdad deve fare attenzione. I civili a Kirkuk si stanno organizzando. Li attaccheranno, per loro sarà un inferno continuare a occupare la città. Sono pronti ad azioni di guerriglia”. Karkuki è convinto che gli iracheni, e gli iraniani, si ritireranno presto dalla provincia di Kirkuk. E da quella Suleyamaya? “Ormai è territorio iraniano”, dice scuotendo la testa. “Una parte del Puk gliel’ha consegnata. Ma abbiamo i nostri patrioti anche lì”.
Con la linea del fronte al momento ferma, la politica è tornata in campo. Il primo ministro Nichervan Barzani, cugino del presidente Massoud, ieri ha insistito: “Vogliamo il dialogo”.
Ma i civili fuggiti da Kirkuk continuano ad aumentare, sono ora 150 mila, e a Erbil nessuno si fida più degli iracheni e neanche delle garanzie americane. Ieri c’è stata una grande manifestazione, davanti al Consolato. Le voci su nuovi attacchi si moltiplicano. Le milizie sciite stanno puntando al confine con la Turchia. “Vogliono passare il Tigri, al ponte di Zumar, e occupare il posto di frontiera di Khalil Ibrahim”, conclude Karkuki.
I peshmerga sono schierati in forze, anche perché il premier iracheno Haider al-Abadi sarà nei prossimi giorni ad Ankara e la sensazione è che il cerchio continui a stringersi attorno al Kurdistan.