O capiamo o moriamo presentato a Vitulazio
Domenico Cuccari – Non è certo una vita tranquilla, quella di Mario Adinolfi, giornalista e blogger. Ovunque arriva con i suoi occhialini tondi, suo malgrado, trova gente che è lì ad aspettare, pronta a contestarlo. Va in giro per l’Italia, spesso scortato dalle forze dell’ordine, subendo insulti e minacce che raggiungono anche i suoi familiari, come fa sapere. Ma nessuno lo ferma. Ha trovato manifestanti anche a Vitulazio , dove è giunto per presentare il suo libro in un incontro moderato dal prof. Piero Del Bene e .nel quale è intervenuto l’avv. Fabio Candalino. Ad attenderlo, stavolta, c’è un gruppo di giovani di Tempo Rosso che gridano slogan contro la sua persona. E’ ospite indesiderato, deve andare via. Lo accusano di omofobia e sessismo. Ma l’ex parlamentare del PD passa tra i contestatori che inveiscono contro di lui. Forse è abituato a questo clima, certo la forza d’animo non gli difetta. Una forza interiore che nasce evidentemente dalle idee in cui crede fermamente e che cerca di propagandare per l’Italia, nonostante tutto. Respinge in maniera decisa le accuse rivolte. “Non ho mai detto una parola contro gli omosessuali. Semplicemente credo che il matrimonio è l’unione di un maschio e una donna da cui nasce la famiglia. E’ quello che è scritto nell’art. 29 della Costituzione”. E ancora:” I bambini nascono da una mamma e un papà, hanno diritto ad avere una mamma e un papà. Questo vuol dire essere omofobo? Essere sessista? O sono tale perché contrario all’aborto, all’eutanasia, al testamento biologico?”. E poi: “Parlano tanto di democrazia. Ma che democrazia è mai questa che soffoca il diritto di parola?” Si capisce subito che è verace e sanguigno, il suo parlare è franco e diretto, colorito talora. Non le manda a dire. Non è certo l’uomo delle mezze misure, prendere o lasciare. “O capiamo o moriamo”, è il titolo del libro, provocatorio, come è nello stile del giornalista.. Adinolfi mira, come dice, a far accendere una luce di ragione. La sua è una voce fuori dal coro, controcorrente, forse scomoda. Perché propone una sua lettura del tempo che viviamo e ha una sua ricetta alternativa a quella che spesso si legge o si ascolta . Al centro del suo pensiero ci sono le radici cristiane e la famiglia, quella di cui parla Gesù. Il suo credo parte dalla ““fides et ratio”, fede e ragione, come insegnato da Papa Benedetto XVI. “La culla dei nostri valori è fatta di razionalità, che è un bene per ciascuno di noi e per tutti”, dice. Perché la fede è razionalità. Ma il mondo è un groviglio di irrazionalità. A cominciare dall’Italia. Nel nostro Paese, spiega, è in atto, – da un lato -, un crollo demografico dettato dall’emergenza della denatalità , la cui matrice causale è da individuare nel materialismo imperversante e nella diffusione della teoria gender. Così i conti dell’INPS non tornano più e sta saltando il welfare, il nostro stato sociale. A ciò bisogna aggiungere, – dall’altro -, la situazione dell’immigrazione incontrollata. Tutto ciò provocherà nel giro di pochi anni un processo di islamizzazione dell’Italia dove la maggioranza della popolazione sarà costituita da musulmani. Di questa situazione tutti siamo chiamati a prendere cognizione, sotto pena, in difetto, di ritrovarci in una società totalmente trasformata. C’è un attacco continuo alla vita, alla sua dignità e al suo valore. Emblematico è stato il caso del piccolo Charlie Gard, il bimbo inglese che ha commosso il mondo, strappato all’amore dei genitori e al quale , nonostante la loro volontà contraria, è stata praticata dallo Stato inglese l’eutanasia. “Capite, il medico diventa il padrone della vita e della morte di un bambino, la famiglia non conta più! Addirittura si afferma che viene ucciso per il suo bene. Siamo a un folle paradosso!” Non è così, non deve essere così. Il fondatore del quotidiano “La Croce” si oppone fieramente a questa logica. La vita umana, fatta di fragilità, va difesa in ogni stadio e forma, in ogni stagione che Dio dona da vivere. “La vita va tutelata dalla nascita alla vecchiaia e la famiglia è il luogo fondamentale di supporto a tutte le debolezze. Ecco perché lo Stato deve investire sulla famiglia, a partire dal reddito di maternità”. E richiama il Legislatore ad essere attento alle vere esigenze della gente:” Il Parlamento si preoccupa delle unioni civili, ma non dei reali problemi quotidiani che affliggono la popolazione”. Le persone affette da down e gli anziani, dice, non vanno sacrificati sull’altare dell’efficienza e dell’utilità : quella logica perversa per cui servi allo Stato finché produci, dopo non sei più utile e si può fare a meno di te. Come si può parlare di progresso se si riduce la persona a cosa? E’, questa, la cultura dello scarto, di cui parla Papa Francesco. La vita, cioè, finisce per riguardare solo le persone capaci di essere produttive e gli altri, che si arrangino! Anzi, secondo Adinolfi, bisogna parlare più precisamente di cultura necrofila: “siamo giunti alla soppressione sistematica nella popolazione di determinate categorie di persone”. E’ un modo subdolo, questo, anche per contenere i costi e migliorare i conti dello Stato. “Siamo arrivati all’ultima frontiera della libertà”, aggiunge. Di fronte alle sofferenze umane occorre recuperare le grandi idealità della nostra civiltà ma, dice il giornalista, “ il nostro Occidente si sta allontanando irrimediabilmente dai suoi valori fondanti, le radici cristiane, sembra votato al suicidio. E senza le radici cristiane, si sradica la società”. Spera che il nascente Partito della famiglia possa raggiungere il 3% alle prossime elezioni politiche in modo che i suoi parlamentari si impegnino nelle sedi istituzionali per queste idee. “Testimoniate la verità”, con questo invito conclude il suo intervento. Fuori i contestatori non ci sono più. Chi ha ascoltato le parole di Mario Adinolfi, sicuramente forti, fa le sue riflessioni. Si può essere d’accordo oppure no. Ascoltare, però, è quanto meno utile anche da parte di chi è suo asperrimo oppositore, non fosse altro, – dopo averlo sentito -, di uscire ancora più rafforzato nelle proprie convinzioni contrarie. Il confronto, anche quello più duro, è il cuore della democrazia. In ogni caso a nessuno, come regola generale, può essere negato, oppure compresso, il diritto di poter esprimere liberamente le proprie opinioni, così come la Carta costituzionale prescrive. C’è una massima, attribuita a Voltaire, che recita “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo”.