Il ritorno del re

Le spoglie del penultimo re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia sono state tumulate nel santuario di Vicoforte nel Cuneese, a fianco alla tomba di sua moglie Elena di Savoia. Il re era morto settant’anni fa ad Alessandria d’Egitto e sepolto fino ad oggi nella cattedrale latina della città egiziana. Il sovrano regnò l’Italia dal 1900 al 1946, anno in cui abdicò a favore di suo figlio Umberto, il cosiddetto “re di maggio”. Il referendum costituzionale del due giugno 1946, la conseguente vittoria della repubblica e la promulgazione della Costituzione Italiana sancirono l’esilio dei membri maschili del casato sabaudo (norma abolita nel 2002). Re Vittorio Emanuele III regnò e, per certi versi, condusse il Paese nei due conflitti mondiali: riguardo alla Grande Guerra, decisivo fu il suo interessamento interventista, con la stipulazione del patto segreto di Londra dell’aprile del 1915, con cui sconfessava de facto l’operato del Governo (che si era mantenuto su posizioni neutraliste) e sanciva l’entrata dell’Italia in guerra a fianco delle potenze dell’Intesa.  Per porre fine al cruento “biennio rosso” del 1919-1920, favorì poi l’ascesa del fascismo, che nel giro di un paio di decenni portò l’Italia in un conflitto ancora più insensato e cruento di quello precedente, che lasciò tra le macerie e sui campi di battaglia le vite di quasi cinquecentomila italiani. Ma la sua colpa più grave non fu l’intervento diretto nella politica militare del primo conflitto, né il vergognoso consenso e appoggio ai devastanti e demagogici progetti di Mussolini; la sua vera colpa fu quella di lasciare allo sbando il Paese nel momento più convulso e difficile della guerra. Dopo aver sancito l’inevitabile caduta del governo fascista, non cercò di mantenere l’ordine in un Paese profondamente segnato e diviso, sostenendo una posizione troppo ambigua verso l’alleato nazista e verso gli invasori angloamericani. La sua tardiva decisione di stipulare l’armistizio con le forze alleate condannò l’Italia a due anni di conflitto ancora peggiori di quelli precedenti, in cui si scatenò una vera e propria guerra civile tra italiani. E, di fronte all’inesorabile avanzata tedesca, non cercò di incitare il suo popolo a resistere, ma scappò vigliaccamente nella Puglia già liberata dagli Alleati. Mentre re Giorgio VI di Gran Bretagna incitava i suoi sudditi a resistere da Buckingham Palace, bombardato dai blitz nazisti e mentre tutti i leader del mondo occupato incitavano i propri concittadini ad opporsi alla tirannia nazista, Vittorio Emanuele III fuggì e lasciò il Paese in balia delle truppe del Reich, senza guide e punti di riferimento. Oggi il suo pronipote ha affermato che il suo bisnonno avrebbe meritato la sepoltura nel Pantheon di Roma; ma, rivedendo il suo passato, è facile pensare che anche il suo ritorno in Italia sia stato un eccesso.

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