L’importanza della memoria

Nel “De oratore”, Marco Tullio Cicerone dice che “historia vitae magistra est”. La storia è maestra di vita. La memoria è custode di tutte le cose, degli eventi più belli e degli eventi più brutti; ma tutto deve essere ricordato. Il diciotto settembre del 1938 Benito Mussolini proclamò da Trieste (una città fortemente multietnica) le “Leggi per la difesa della razza”. Alla promulgazione del decreto si accompagnò un’ampia azione di propaganda politica: statistiche create ad hoc da autorevoli scienziati, resoconti storici, sociali e culturali, sfruttamento dei mezzi diffusione di massa; ad esempio venne creata la rivista quindicinale “La difesa della razza” (diretta dal futuro segretario del Movimento Sociale Italiano, Giorgio Almirante) che si apriva con questa tesi: “È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano nordico.” Punti cardini di queste normative erano certamente l’affermazione di esistenza del concetto di razza, la separazione tra “grandi razze” e “piccole razze”, la legittima derivazione della razza italiana da quella ariana.  Le leggi per la difesa della razza (controfirmate anche dal re Vittorio Emanuele III) sono state una delle pagine più scure e negative della storia italiana. Qualcuno cerca di giustificare storicamente questo atto, adducendo come causa il progressivo avvicinamento dell’Italia fascista alla Germania nazista, che fondava la sua ideologia proprio sul razzismo. Ma non basta questo per giustificare l’operato di un regime che si fondò sull’odio, sulla violenza, sull’eliminazione delle libertà e, per certi versi, garantito proprio dall’eliminazione dell’opposizione politica al regime, con la formazione della cosiddetta “zona grigia”, la gran parte della popolazione italiana che non si schierò apertamente con il regime, ma non accettò passivamente il suo operato (dunque non è vero, come affermano in molti, che il fascismo godeva del sostegno totale della popolazione). Come ha affermato recentemente dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “Sentir dire che il fascismo ebbe alcuni meriti ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l'entrata in guerra, è un affermazione "gravemente sbagliata e inaccettabile, da respingere con determinazione … non furono deviazioni o episodi rispetto al modo di pensare, ma diretta e inevitabile conseguenza". L’Italia partecipò attivamente al rastrellamento e alla deportazione degli ebrei e dei “diversi”. La Shoah è un’onta non cancellabile dalla memoria storica di questo Paese ed è necessario il ricordo di questi avvenimenti. Primo Levi, scampato da Auschwitz, diceva in “Se questo è un uomo”“Meditate che questo è stato://vi comando queste parole.// Scolpitele nel vostro cuore,//stando in casa andando per via,//coricandovi alzandovi;//ripetetele ai vostri figli.” In un Paese dove il fascismo non è stato mai rinnegato, dove la demagogia spinge i nipoti del tiranno e le nuove destre  ad offendere la libertà di espressione, difendendo e ostentando il regime e i suoi meriti in prima serata, abbiamo sempre più bisogno di memoria. Con la speranza che la Costituzione e la Storia siano il nostro monito e il nostro punto fermo per indagare e comprendere il mondo in cui viviamo.

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