Intervista a Nadia Verdile
Nadia Verdile, la Prof per eccellenza, come viene indicata dalle allieve e dagli allievi del Liceo Artistico “San Leucio” di Caserta, ho avuto modo di conoscerla in una serata casertana, presso il Circolo Sociale, in occasione della presentazione del libro dedicato a Michele Pezza (Fra’ Diavolo) a opera di una sua discendete, Maria Alba Pezza; era il 23 settembre 2006 e capii al primo impatto di trovarmi dinnanzi a una persona speciale, una guerrigliera della penna e dell’anima, profonda napoletana. Le sue lotte per Carditello, la portarono a esporsi al punto di ritrovarsi minacciata di morte assieme all’allora Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, titolare del dicastero nel Governo Letta, dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014; entrambi minacciati dalla malavita locale o chi per essa, per aver interferito in loschi affari, per essersi intromessi in una questione, quella del Real Sito Borbonico nel comune di San Tammaro, al centro di molti, troppi, appetiti. Il libro di cui parliamo è l’ultimo dei tanti da lei scritti, perdonate però se cito quello di Nadia che amo più di tutti gli altri: Carissima compagna mia … da San Leucio lettere private di Ferdinando IV a Maria Carolina, Pisa, Il Campano, 2015, pp. 104; un gingillo tradotto in parole.
“Matilde Serao, ‘a Signora”, edito da Pacini Fazzi, nel novembre 2017, 116 pagine, è il libro che apre l’intervista di oggi. È l’ottavo volume della Collana “Italiane” che Nadia Verdile dirige.
1)In “Donna Matilde” troveremo cose che non sappiamo di lei?
Ho provato a raccontare la donna. Matilde Serao è conosciuta da tutti come giornalista, come scrittrice. Della sua vita privata si sa meno. Il mio desiderio era quello di far scoprire cosa è stata la vita della Signora, vissuta a cavallo di due secoli quando Napoli era ancora capitale morale della cultura; una donna che è stata lavoratrice instancabile della parola e allo stesso tempo madre, amica, compagna, figlia. In ognuno di questi ruoli lei ha dato il meglio di sé. La sua penna, la sua verve, il suo solido e razionale amore per Napoli e la sua gente me l’hanno fatta amare e sentire sulla pelle.
2)Nel tuo impegno per Carditello, per San Leucio, quali novità ci sono?
La reggia di Carditello è ormai in fase di rinascita. Dopo l’acquisizione al patrimonio dello Stato, esattamente quattro anni fa, grazie allo straordinario impegno di Massimo Bray, oggi è in attesa del secondo lotto di restauri che riguarderanno la palazzina centrale, quella dove era l’appartamento reale. È gestita da una Fondazione presieduta da Luigi Nicolais e vive anche grazie all’impegno instancabile dei volontari di Agenda 21 che curano le aperture che si tengono ogni domenica mattina. Gratuite. Una favola a lieto fine che meriterebbe anche San Leucio. Anche per questo sito ci vorrebbe una Fondazione. Quel luogo straordinario merita di essere conosciuto di più e meglio come di più e meglio deve essere conosciuto lo Statuto che rese uguali, per legge, le donne e gli uomini nel lontano 1789.
3)Il tuo lavoro sociale, le tue passioni, si sono spinti fino al punto di essere stata minacciata dalla malavita; tutto ciò ti ha riservato più amici o nemici?
Sono una donna fortunata. Ho tantissime persone che mi vogliono bene e questo è uno straordinario scudo contro i nemici.
4)Ti sei trovata sola nella lotta per il recupero della reggia o hai trovato una realtà sociale solidale e attiva, contrariamente a quanto spesso viene descritto sui media nazionali?
A lottare per Carditello siamo stati tantissimi e tantissimi sono quelli che continuano su questa strada. Un mondo di associazioni, singole persone, gruppi, intellettuali, semplici appassionati; mi piace ricordare Tommaso Cestrone che era stato individuato dal giudice Valerio Colandrea come ausiliario del custode giudiziario e che tanto lavoro ha fatto nella piccola reggia ma anche Francesco D’Amore della Coldiretti perennemente al fianco del Real Sito.
5) Nadia, tu sei una storica. Che ruolo hanno avuto i tuoi studi nell’impegno sociale che hai portato avanti per il recupero dei beni culturali del nostro territorio?
Senza studio della storia non c’è né presente né futuro. Difendere il nostro territorio è un dovere morale prima che sociale. Le radici sono l’essenza della nostra pianta, della nostra vita.
6)Come hai fatto a mettete assieme, in questi anni, la passione borbonica con la tua anima ideologicamente schierata a sinistra?
La storia dei Borbone è una storia raccontata per troppi anni a senso unico, nel caso specifico in senso contrario. Chi si occupa di storia ha un solo Vangelo: i documenti. A loro mi sono appassionata, la loro lettura racconta tanta altra storia, una storia fatta anche di bellezze, di cultura, di riforme, di modernità.
7)Ti descrivono come una “femminista”, termine oggi sospetto ed impopolare, ci spieghi il tuo significato personale di questo termine?
Il femminismo ha permesso a me e alle donne di poter parlare. Il femminismo è stata la grande rivoluzione degli ultimi due secoli. È stato la presa di coscienza di un genere, l’autodeterminazione di un mondo tenuto in scacco dalla storia. Senza il femminismo questa intervista non ci sarebbe stata.
8)Sei stata eletta donna dell’anno. Come donna meridionale cosa ha significato questo per te, considerando il fatto che oggi le donne meridionali sono la categoria a più alta disoccupazione del paese?
Essere insignita del premio “Donna dell’anno” dall’Ande di Potenza è stato un dono meraviglioso. L’Ande (Associazione Nazionale Donne Elettrici) è nata per educare le donne alla politica, quando per la prima volta, nell’Italia repubblicana, esercitavano il diritto al voto. Averlo ricevuto per la Collana “Italiane” di cui sono la direttrice e che vede impegnata la casa editrice Pacini Fazzi, Maria Pacini e Francesca Fazzi, madre e figlia straordinarie, è stato il valore aggiunto. Sono un’ottimista di natura, credo che fare di necessità virtù sia un ottimo mezzo per riuscire meglio. Se riesco io a fare delle cose per la mia terra vuol dire che lo possiamo fare tutte e tutti. Io una fra tutti.
9)Quale delle opere di cui sei autrice ha un posto speciale nella tua classifica affettiva?
Oltre al libro sulla Reggia di Carditello porto nel cuore due lavori. Uno è “Maria Luisa di Borbone, la duchessa infanta” e l’altro è l’ultimo, “Matilde, ‘a Signora”, entrambi pubblicati con Pacini Fazzi di Lucca. Raccontano della vita di due donne straordinarie che in barba alle difficoltà hanno saputo far bene per il proprio territorio, per la propria gente. Due donne che mi hanno insegnato molto, che mi hanno dato molto.
Note biografiche
Nadia Verdile è nata a Napoli, vive a Caserta, le sue origini sono molisane. Scrittrice e giornalista, collabora con il quotidiano «Il Mattino». Ha diciotto libri all’attivo, molti suoi saggi sono stati pubblicati in riviste nazionali ed internazionali. Relatrice in convegni e seminari di studio, come storica, da anni, dedica le sue ricerche alla riscrittura della Storia delle Donne collaborando con la Fondazione Valerio per la Storia delle Donne, la Colorado State University per il progetto Female Biography Project, la Società per l’Enciclopedia delle donne. È membro della Società Italiana delle Storiche. È direttrice della Collana editoriale “Italiane”.
Segni particolari: ottimista di natura è intollerante verso stereotipi e pregiudizi.
Premi
2017 – Premio Donna dell’Anno – per la Collana Italiane
2016 – Premio Venere Sinuessana – per la promozione culturale nel territorio e per l’impegno giornalistico a difesa dei beni culturali
2015 – Premio Terre del Sud – per l’impegno giornalistico a difesa del territorio e dei beni culturali
2015 – Premio Donna Coraggio – per l’impegno giornalistico profuso nella difesa della Reggia di Carditello
2011 – Premio Terza Napoli – La città che eccelle – per la ricerca storica sulle donne
2007 – Premio Olmo – per il giornalismo