SUD 34 per un’equità Sud/Nord che aspettiamo da oltre 150 anni

Da due mesi sui social e sul web sta girando una petizione da firmare su change.org  (“Sud 34”). La pagina indica: “Nelle Regioni del Mezzogiorno vive il 34% della popolazione italiana, a cui va, però, solo il 28% della spesa pubblica, inclusi i fondi europei che dovrebbero essere aggiuntivi; per voci decisive per lo sviluppo sociale, economico, turistico, come gli investimenti ferroviari, anche meno del 20%. E questo dura da un secolo e mezzo. Ma, ancora oggi, lo Stato spende 4.350 euro in meno per ogni meridionale; 85 miliardi in meno all’anno; 850 miliardi in meno negli ultimi dieci anni. Per l’assistenza alle famiglie, quasi 400 euro pro capite a Trieste, meno di 10 a Vibo Valentia. C’è un’Italia storta da raddrizzare, prima che si spezzi. “Sud 34%” si chiama così, perché mira a ottenere l’equa ripartizione della spesa pubblica ordinaria, in modo che i fondi europei siano finalmente aggiuntivi. I diritti non sono un concetto astratto, ma persone, ammalati, bambini, studenti, pendolari, i cui fabbisogni non possono diminuire secondo il luogo di residenza o il reddito. In Italia è passata l’idea che i diritti si comprano o si ereditano: se vivi in una regione ricca, lo Stato ti deve garantire una sanità migliore; se hai già asili nido, riceverai più soldi, alle città del Sud che non ne hanno, zero euro; se hai già i treni, ne avrai altri e sempre migliori; al Sud, littorine a gasolio. Se sei del Sud, hai e avrai sempre meno; per avere asili, treni, università attrezzate, dovrai emigrare. Il tutto è aggravato dalla devastazione ambientale che il Sud, ridotto a discarica dei veleni del Nord, è costretto a subire. Un divario economico e di diritti dovuto a politiche distorte dello Stato. Questo va corretto. La Costituzione prevede diritti civili e sociali “garantiti su tutto il territorio nazionale”. I firmatari di “Sud 34%” chiedono equità nella ripartizione delle risorse ordinarie e che il ciclo di fondi europei 2014-2020, di cui la gran parte non è stata ancora spesa, sia realmente aggiuntiva. Il voto è l’unico diritto non legato al reddito (per ora?). Il Mezzogiorno eleggerà il 34% del prossimo Parlamento e ci sono milioni di meridionali residenti al Centronord, coscienti delle ragioni politiche e storiche che li hanno costretti a emigrare. Poiché l’equità è dovere di tutti, “Sud 34%” si rivolge, a uno a uno, ai candidati di qualsiasi schieramento, cui chiede un impegno sottoscritto pubblicamente a intraprendere azioni concrete per la parità di diritti per le persone, le imprese, i prodotti, l’ambiente e i beni culturali del Sud Italia. E su chi si impegnerà in tal senso chiederemo agli onesti, ovunque residenti, di far convergere i loro voti. (È ovviamente esclusa la Lega Nord, per il suo programma razzista: “Prima il Nord”, “Prima il Veneto”).
“Agenda Sud 34%”, per le prossime elezioni propone tre punti irrinunciabili:
1 – ISTRUZIONE: dal riequilibrio dei criteri per la gestione delle università, oggi legati alla ricchezza del territorio (più hai, più ti viene dato), dunque penalizzanti per quelle meridionali; alla riammissione nei programmi di Letteratura del Novecento degli autori e poeti del Sud, esclusi (pur se premi Nobel) dal 2010; alla spesa per gli asili, calibrata non sul numero di bambini che ne hanno bisogno, ma sul numero di asili che si hanno già.
2 – SANITÀ: riequilibrio dei livelli di assistenza (lea), oggi calibrati su chi ha speranza di vita più lunga e cure e presidi sanitari già migliori; un meccanismo che produce un incremento esponenziale della spesa per chi ha più e una continua riduzione per chi già riceve meno risorse e meno cure. Tanto che 14 persone su 100, a Sud, hanno ormai smesso di curarsi e il sistema sanitario sposta malati, soldi (circa 4 miliardi all’anno) e posti letto da Sud a Nord.
3 – COLLEGAMENTI: riequilibrio della spesa per le ferrovie e correzione delle norme che regionalizzano il servizio locale, al punto che solo Regioni del Nord e alcune del Centro possono permetterselo, condannando il Sud a linee sempre più inefficienti (velocità media inferiore a quella dei primi del Novecento) o del tutto assenti (mille chilometri in meno in 70 anni): e la città europea capitale della Cultura nel 2019, Matera, è ancora irraggiungibile con le Ferrovie dello Stato. Si inaugura incompleta la Salerno-Reggio Calabria come se bastasse ribattezzarla da A3 ad A2, mentre la superstrada jonica forse sarà finita a un secolo dall’avvio.
L’hanno già firmata oltre diciottomila persone: gruppi e movimenti culturali duosiciliani,meridionalisti e identitari, politici di diverso colore, scrittori e giornalisti (in testa Pino Aprile, Lorenzo Del Boca, Lino Patruno), artisti (Mimmo Cavallo e Al Bano tra gli altri), leader di movimenti ( Gennaro De Crescenzo, Nando Dicè, il sottoscritto), uomini dello sport, docenti universitari.
Tutti uniti da una volontà precisa: quella di chiedere (in questa campagna elettorale che sarà ricordata come una delle peggiori nel pessimo panorama politico italiano degli ultimi anni e non solo) ai candidati di impegnarsi pubblicamente a sostenere il diritto dei meridionali ad avere la stessa spesa pubblica pro-capite degli altri italiani, almeno per istruzione, sanità, trasporti.
Faccio mio l’appello e anche l’invito a firmare questa petizione che rappresenta un segnale e una provocazione in un Paese duale che sembra ormai aver dimenticato per sempre il Sud e i meridionali lasciandoli al loro  destino già indicato dall’Istat: quello di un deserto senza giovani (e senza  speranze).
Si è voluto lanciare questa corsa per denunciare e mettere all’indice la propaganda (“è finita la crisi”)dei politici e delle false informazioni della stampa di regime, che ricorda magari i famosi boom degli anni ’50 e ’60 (boom per il Nord e non certo per il Sud che continuava a patire, soffrire e a partire). Firmiamo e andiamo avanti e così facendo, magari stoppiamo le continue umiliazioni (media, e stadi in primis il Napoli!) con il Sud e Napoli soprattutto  carichi di luoghi comuni e razzismi…

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