L’eretico nolano

Tra la fine del XVI e il XVII secolo, il mondo occidentale visse il cosiddetto periodo della Controriforma cattolica, caratterizzato dalla repressione, dal severo dogmatismo, dalla sfarzosità (talvolta eccessiva) dell’arte sacra. A quest’epoca risale il primo grande progresso scientifico moderno, soprattutto in campo astronomico grazie a Niccolò Copernico, Giovanni Keplero e Galileo Galilei. E’ il periodo della filosofia di Cartesio e Spinoza, dell’arte di Caravaggio e dell’esplosione letteraria del barocco: è, in poche parole, un’epoca moderna, che è proiettata nel futuro, ma è ben radicata al passato e ai suoi schemi tradizionali. In periodi così contraddittori e “di passaggio” tra il mondo antico e quello moderno, è inevitabile la nascita di personaggi storici e culturali rilevanti, generalmente contraddittori e in controtendenza rispetto al mondo che li circonda. Forse l’esempio più evidente della contraddizione di questo periodo storico è Giordano Bruno, monaco domenicano originario di Nola, condannato al rogo dalla Chiesa il diciassette febbraio del 1600. La figura del filosofo nolano è tuttora controversa e scomoda: ufficialmente la Chiesa non lo ha mai “perdonato” per le sue teorie eterodosse; inoltre la sua statua, eretta a Campo de’Fiori (Roma) nel 1889, fu un chiaro atto di sfida del Governo italiano dell’anticlericale Crispi contro le rimostranze del Vaticano, successive all’annessione della Capitale al Regno d’Italia nel 1871. Certamente ci troviamo di fronte ad una personalità lungimirante e profondamente colta, che variò il suo campo di interesse culturale dalla letteratura (famosa è la sua opera teatrale “Il Candelaio”, pubblicata a Parigi nel 1582) fino alla filosofia ed all’astronomia. Prima delle scoperte scientifiche di Galilei (che daranno anche un valore reale alle sue osservazioni), affermò che la Terra era solo “un insignificante granello di polvere” in un universo infinito, con mondi e spazio senza fine. Le sue teorie astronomiche avevano però un risvolto filosofico: l’uomo, che la Chiesa, sfruttando la teoria geocentrica e le Sacre Scritture, aveva sempre collocato al centro dell’universo, non era altro che una parte insignificante di un universo senza fine, in cui sarebbero dovuti esistere altri mondi con altre popolazioni pronte a conoscere la parola di Dio. Ma il filosofo nolano andò anche oltre il supermento delle teorie medievali: nel “De rivolutionibus orbium coelestium” (1543), Copernico aveva ipotizzato l’eliocentrismo alla luce di un sistema chiuso, in cui il Sole veniva posto al centro dell’universo, salvando in qualche modo la teoria aristotelica; Giordano Bruno sosteneva invece che non fosse possibile stabilire la posizione del Sole, che, come la Terra, era proiettato in un universo senza fine. Ed è proprio l’infinità dell’universo che giustifica il pantesimo, la concezione immanente e trascendente della realtà bruniana: Dio e la Natura coincidono e sono in ogni cosa, in un universo infinito, in cui realtà e pensiero coincidono, dando origine ad un’infinita conoscenza. L’uomo, parte integrante della Natura, può ambire a conoscerla e a liberarsi dai gioghi delle convenzioni, delle dottrine e delle Scritture. Da queste poche parole, è facile intuire il motivo della sua condanna al rogo, in un mondo che non fu pronto ad accogliere neanche le teorie del più mite Galilei, costretto all’abiura qualche decennio più tardi. L’opera e il pensiero di Giordano Bruno ci fanno però capire che la filosofia non è un semplice gioco di contemplazione teoretica, ma una spinta per vedere la realtà, comprenderla, con la speranza di renderla migliore. Come disse lo stesso filosofo: “Verrà un giorno che l'uomo si sveglierà dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo… l'uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo”.

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