‘O virzo cu ‘o riso

Uno dei piatti più antichi della tradizione contadina italiana è senz’altro la minestra di verza con il riso, affettuosamente denominata nel dialetto locale “O virzo cu o’ rriso” o “Virz’e rise”, in passato una sorta di minestrone tipico della cucina povera ed oggi uno dei piatti più saporiti della stagione invernale. Mentre le testimonianze sulle origini della verza sono imprecise e recenti, a meno che non si tenga conto delle origini del suo parente più prossimo, il cavolo, che lodavano Marco Catone e Apicio “che arrivarono a dire esser'epilogate in questo tutte le virtù e sapori dell'altr'erbe; vale a dire che di questa foglia n'erano avidissimi anche gli antichi, siccome ne sono i moderni…”, come ricorda il grande cuoco settecentesco Vincenzo Corrado, quelle relative al riso sono più certe e concrete. Difatti, pare che il riso sia stato introdotto a Napoli dagli Aragonesi durante la loro dominazione. Inizialmente impiegato in ambito medico per le malattie gastrointestinali secondo i precetti della Scuola medica salernitana, il riso ha trovato posto nelle mense napoletane grazie ai cuochi francesi chiamati in terra campana dalla regina Maria Carolina in occasione delle nozze con Ferdinando IV di Borbone. Non si sa esattamente quale fosse la ricetta impiegata e varie sono le ipotesi avanzate, ma con buone probabilità ai nobili ospiti veniva offerto sartù di riso. Piatto più povero, ma non per questo meno delizioso il riso con la verza, spesso insaporito con la pancetta lasciata rosolare in padella affinché faccia una crosticina in superficie, oggi allieta le nostre fredde giornate invernali con la semplicità dei suoi ingredienti che amalgamati sapientemente conferiscono al piatto una cremosità che è una vera goduria per il palato.

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