Pericolo cyber-attacchi, per condizionare il voto
Occhio alle “campagne di influenza” che, prendendo avvio con la diffusione online di informazioni trafugate mediante “attacchi cyber”, mirano a condizionare l’orientamento e il sentimento delle opinioni pubbliche, specie allorquando queste ultime sono chiamate alle urne.
Lo ha evidenziato la relazione annuale dell’intelligence, presentata, nei giorni scorsi, a Palazzo Chigi, che parla di “minaccia ibrida” e prevede un aumento di questo tipo di rischi, specialmente in prossimità di eventi cruciali per la nazione. In particolare, questa campagne informative sanno sfruttare, con l’impiego di tecniche sofisticate e di ingenti risorse finanziarie, le divisioni politiche, economiche e sociali dei contesti d’interesse, con l’obiettivo di introdurre, all’interno degli stessi, elementi di destabilizzazione e di minarne la coesione. La relazione ipotizza la crescita del trend delle minacce ibride. “L’impiego di tali strumenti – osserva la relazione – pur non essendo un fenomeno nuovo, costituisce una realtà sempre più perniciosa, sofisticata e di difficile rilevazione. Gli attacchi di natura ibrida hanno infatti reso più labile la linea di demarcazione tra situazioni caratterizzate da assenza di ostilità e forme di conflittualità diffusa tra gli Stati”. E sottolinea che lo strumento cibernetico è destinato a divenire sempre di più un agevolatore di attività di influenza, realizzate attraverso la manipolazione e la diffusione mirata di informazioni preventivamente acquisite attraverso manovre intrusive nel “cyber-spazio”, così da orientare le opinioni pubbliche, fomentare le tensioni socio-economiche, accrescere l’instabilità politica dei Paesi dell’area occidentale.
Bisogna, altresì, porre attenzione anche agli estremismi. “La destra radicale ha dimostrato un dinamismo crescente, con la nascita di nuove sigle, cui aderiscono soprattutto fasce giovanili, che appare alimentato dal tentativo di gruppi d’area di intercettare le istanze nazionaliste e i sentimenti di insofferenza verso la presenza extracomunitaria”, si legge nella relazione annuale, che parla di “dinamiche, il cui potenziale impatto sulla coesione sociale non deve essere sottovalutato. Le tensioni legate alla gestione dei flussi migratori e ai processi di integrazione rappresentano una piattaforma che la destra oltranzista può strumentalizzare anche per propagare messaggi, i quali, rivolti specialmente agli attivisti di nuova generazione, tendono ad accentuare la diffidenza e l’intolleranza nei confronti del diverso, con il rischio di derive xenofobe”.
In Italia la minaccia del terrorismo jihadista è concreta ed attuale. Il Paese è infatti oggetto dell’attività propagandistica, ostile di Daesh. Continuano ad essere presenti, soggetti radicalizzati, tra i quali “islamonauti italofoni” o, comunque, esposti a processi di radicalizzazione. Questo è risaputo. Vi è poi il pericolo rappresentato dagli estremisti “homegrown”, mossi, o da motivazioni autonome o pilotati da registi del terrore. A tal proposito, i servizi ricordano anche il “ruolo di rilievo che l'Italia, da sempre, occupa nell’immaginario e nella narrativa jihadista”.
La relazione cita poi due casi “emblematici della forza persuasiva della propaganda jihadista, in grado di innescare derive violente in persone, apparentemente integrate, ma, in realtà, emotivamente instabili e dissociati, per identità e credo religioso”. Quello dell’italo-marocchino, membro del commando responsabile degli attacchi di Londra del 3 giugno scorso e quello dell’italo-tunisino che il 18 maggio 2017, a Milano, ha aggredito un poliziotto nella stazione centrale, sono fatti che dimostrano proprio ciò. Un occhio vigile va indirizzato al fenomeno dei foreign fighters (la stima indica in 129 il numero di quelle che hanno avuto a che fare con l’Italia). Nel 2017 non si sono tuttavia registrate nuove partenze, dal territorio nazionale verso i teatri di guerra.