L’antidolorifico naturale: tenersi per mano

Nell’epoca dei social, avere delle vere interazioni fisiche con le persone sta diventando una cosa sempre più rara. Eppure, il contatto, quello vero, ha un potere curativo enorme. Come dimostra uno studio che si inserisce all’interno di un filone di ricerche che indaga un fenomeno molto particolare, noto come “sincronizzazione interpersonale”, che studia come le persone tendono a rispecchiare fisiologicamente gli individui con cui entrano in relazione. Questo studio, nello specifico, cerca la sincronizzazione delle onde cerebrali, nel contesto del dolore, e offre spunti interessanti su come la sincronizzazione di due cervelli possa giocare un ruolo di analgesico. Tenersi per mano, dunque, diventa una sorta di “tocco terapeutico”. Infatti sono state  reclutate 22 coppie eterosessuali, di età compresa tra i 23 e i 32 anni, che avevano iniziato la loro relazione almeno da un anno. Le coppie sono state sottoposte a diverse situazioni, della durata di due minuti: stare seduti e non toccarsi; stare seduti insieme e tenersi per mano; stare seduti in stanze separate. Durante tutti gli scenari, le attività cerebrali sono state misurate attraverso un elettroencefalogramma. È risultato che il semplice fatto di trovarsi insieme, con o senza contatto, era associato a una sincronicità dell’onda cerebrale; inoltre è stato scoperto che tenersi per mano, mentre uno della coppia soffre, aumenta la sincronicità, mentre durante la sofferenza, l’assenza di contatto faceva diminuire la sincronizzazione delle onde cerebrali. Il risultato è stato che  il dolore interrompa totalmente questa sincronizzazione interpersonale tra coppie e il tocco la riporta indietro, infatti  all’aumento della sincronizzazione, invece, corrisponde una diminuzione della percezione del dolore. Le donne che tenevano la mano del partner valutavano l’intensità del dolore con valori inferiori del 52% (su una scala da 0 a 100) rispetto invece a quando erano separate dal compagno. Per cui da questo studio si può pensare che il tocco empatico possa aiutare la persona che soffre ad attivare meccanismi di ricompensa, in modo da ridurre l’impatto del dolore, almeno a livello cerebrale.

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