«Misteri di Stato»: addio alla mamma di Ilaria Alpi
Un altro dei misteri di Stato verrà forse archiviato, purtroppo, dopo la scomparsa di Luciana Alpi, la mai rassegnata madre di Ilaria, giornalista Rai uccisa insieme al collega operatore Miran Hrovatin in Somalia nel lontano 1994. Un dubbio che, a questo punto, coglie tutti i cittadini italiani abituati alle brutte faccende di Stato le quali, dopo decenni di indagini caratterizzate da insabbiamenti di ampio respiro, spesso di portata internazionale, come per i casi di Ustica o di Piazza della Loggia a Brescia, lasciano l'amaro in bocca e, soprattutto, senza risposte certe o semplicemente senza giustizia. Luciana, donna forte nonostante alcuni momenti di comprensibile sconforto, fino ad ora era riuscita a tenere duro contro quella fumosa schiera di personaggi che in questi casi compaiono sistematicamente per deviare, nascondere, delegittimare testimonianze ed evitare che si giunga alla verità dei fatti. Ricordo che uno dei libri che più mi colpì da adolescente, per quel corpo senza vita piazzato in copertina, fu proprio “Il caso Ustica”, un testo che mi catapultò nella strana guerra virtuale dei no comment, dei silenzi e dei muri di gomma dopo aver studiato per anni giroscopi, motori jet e radioaltimetri usati per la sicurezza dei voli civili. La strage del volo Itavia, probabilmente coinvolto in un segretissimo scontro tra jet militari nel mediterraneo, nello stesso funesto anno che ci regalò anche la tragedia dell'Irpinia, il 1980, colpì moltissimo la mia voglia di comprendere il mondo degli adulti, ma fu poi superato dalla vicenda di una giovane donna uccisa perché capace di scovare uno dei più gravi traffici illeciti legati alla vendita di armi o forse all’ancor più redditizio business dei rifiuti speciali. Il caso Alpi ha rappresentato, e rappresenta ancora, la più classica espressione delle guerre di sistema, di Stato, o forse più semplicemente economiche, sviluppatesi dalle contrapposizioni ideologico-politiche dei vari blocchi mondiali creati dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Un equilibrio ad “armi fredde” in Europa, molto caldo in diversi altri scenari mondiali, mantenuto anche grazie ad occulte battaglie commerciali e finanziarie che non potevano, e ancora non possono, essere svelate al grande pubblico “risarcito” e tranquillizzato grazie allo sviluppo del consumismo di massa. Luciana, scomparsa ad 85 anni, 24 dei quali passati a tenere accesi i riflettori su questa storia, durante la quale fu perfino negata l'autopsia al corpo della figlia e del suo fidato operatore, con il quale la giornalista condivise fino alla fine le conseguenze di un'indagine evidentemente troppo pericolosa, è purtroppo deceduta poco prima di uno dei passaggi fondamentali di un’inchiesta che sta rischiando l'odiosa e disumana pratica della prescrizione. Le promesse di tanti amici e colleghi di Ilaria, decisi a non permettere il completo oblio di una vicenda che doverosamente deve arrivare a delle conclusioni giudiziarie che non siano una semplice resa ai poteri forti, rischiano di dissolversi molto velocemente se l'attenzione del grande pubblico non sarà costantemente alimentata. Ancora una volta, quindi, la differenza tra verità oggettiva e verità giudiziaria verrà affidata ai cittadini italiani, messa nelle mani di chi continuerà a pretendere delle risposte serie e definitive non tanto dalla magistratura, anch'essa vittima di muri di gomma e depistaggi interni ed esterni, ma da uno Stato che non può continuare a raccontare mezze verità su questa e su tante altre questioni rimaste aperte nella sua storia, nella vita di una Repubblica creata per il bene comune dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale. Ora più che mai, quindi, dobbiamo pretendere la verità su Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. L'eredità di Luciana è nelle nostre mani. Non disperiamola.