Sergio Marchionne è in coma irreversibile
Sta per scomparire uno dei più grandi italiani contemporanei, che ha indicato alcune fondamentali strade per il futuro. Le ultime notizie danno Sergio Marchionne in coma irreversibile in un ospedale svizzero: sta per concludersi la vicenda terrena di uno dei più grandi italiani, al quale va data umana ‘pietas’, vanno riconosciuti onore e gratitudine e che occorre tenere presente per individuare e percorrere alcune strade fondamentali per il futuro.
Muore prematuramente a 66 anni in trincea, ancora impegnatissimo nel lavoro amatissimo, al quale ha dedicato la parte migliore della vita (alcuni giorni prima del ricovero, il 26 giugno, era a Roma a consegnare al Comandante dei Carabinieri arma amatissima, nella memoria anche del padre) il primo esemplare della Jeep Wrangler, uno dei successi più sorprendenti della sua gestione), di amministratore delegato di uno dei più grandi colossi del mondo automobilistico, da lui reso tale con scelte e decisioni coraggiose e memorabili, salvando dal fallimento due storiche aziende come la Fiat di Torino e la Chrysler di Detroit, la cui fusione fa fatto nascere la FCA. Essa si è affermata e si sta sviluppando coi suoi marchi in tutti i mercati e dà lavoro con le sue fabbriche e il suo indotto a migliaia di persone in Italia, negli Stati Uniti e in tanti altri paesi.
Sergio Marchionne è nato in Abruzzo, a Chieti, il 17 giugno 1962 dal maresciallo dei carabinieri Concezio e da Maria Zuccon, originaria dell’Istria, che era dovuta andare via dalla regione amatissima, riconquistata alla Patria con l’ultima guerra risorgimentale, quella del 1915-1918, perduta per la sciagurata politica fascista dittatoriale e di oppressione delle minoranze slave fino alla sconfitta della seconda guerra mondiale ed occupata poi dai nazisti e poi dai comunisti iugoslavi, che si macchiarono di delitti orrendi, che portarono alla morte il nonno e lo zio materni di Marchionne.
Nel 1966 la famiglia si trasferì in Canada, a Toronto, dive già risiedeva la sorella della madre. A 14 anni dovette imparare la nuova lingua, studiare laureandosi in filosofia e in giurisprudenza, iniziando l’attività lavorativa come avvocato e proseguendo come manager, sua vera vocazione. Nel 2002 diviene amministratore delegato della SGS, colosso del controllo di gestione con sede a Ginevra. Nel 2003, evento decisivo della sua vita, entra nel consiglio di amministrazione della FIAT, su scelta oculata e preveggente di Umberto Agnelli e Gianluigi Gabetti. L’anno dopo, il 1 giugno 2004, è eletto amministratore delegato della grande società torinese, nelle giornate difficili dopo la morte di Umberto Agnelli.
Salva la società dal fallimento, che rischiava di farla cadere in balìa delle banche, rompe il patto con la General Motors (GM), riorganizza la produzione e porta in attivo l’azienda con una rinnovata etica del lavoro serio e responsabile, scontrandosi con il sindacato specialmente estremista ed irresponsabile, quello di orientamento filocomunista FIOM, teso a conservare posizioni, che contrastavano con le esigenze produttive di un mercato europeo e mondiale aggressivo e competitivo.
Giunge ad uscire dalla Confindustria, che pure la Fiat aveva contribuito a far nascere, per poter avere contratti non di tipo automaticamente nazionali, ma modulati fabbrica per fabbrica, per far fronte alle situazioni produttive imprevedibili che il mercato spesso produce e salvaguardando così posti di lavoro e futuro, che un fallimento avrebbe provocato.
Intuisce che una fabbrica solo nazionale non può competere sul piano globale ed afferra l’occasione storica di un’alleanza, diventata fusione, con una fabbrica americana, dallo storico marchio, la Chrysler, caduta in crisi produttiva ed occupazionale, per la quale il governo americano era disponibile a dare un aiuto di rilievo.
Marchionne compie la traversata dell’Oceano e compie il miracolo della fusione, della rinascita, fino a portare man mano tutti i marchi presenti sotto la sigla FCA ai primi posti tra i produttori di auto nel mondo, in competizione con colossi come la Toyota, la Volkswagen, la Ford, per novità, modernità di offerte sui mercati italiano e americano anzitutto e poi su quelli europei e mondiali.
Mai aveva dimenticato Torino, l’Italia, conservando in essi fabbriche e marchi (si pensi alla Ferrari di Maranello, tornata con la sua presidenza a risultati mondiali nelle gare e nel prestigio commerciale sempre avuto alto).
Solo ciechi, irresponsabili, disumani nemici di lui, di orientamento comunista marxista-leninista-stalinista, sconfitti giustamente e definitivamente dalla storia, dalla mente dogmatica e dal cuore di pietra, incapaci anche di umana ‘pietas’, hanno gioito alla fine di un grande Italiano, di un grande manager, dalla vista lunga e creativa. Egli ha mantenuto tanti posti di lavoro ed ha aperto varchi verso quel futuro globalizzato, nel quale inesorabilmente, senza possibilità di tornare indietro, siamo immersi e che richiede serietà, senso di responsabilità, capacità, merito, creatività (tutti valori incarnati esemplarmente da Sergio Marchionne), che soli possono permettere di sopravvivere da protagonisti, a meno che non si diventi degli assistiti, dei servi, degli obbedienti ai giganti potenti, spesso inquietanti, come Giappone, Cina, India, mondo arabo, futura Africa modernizzata, futura America Latina coordinata, oltre gli Stati Uniti e la Russia, che incombono sulla scena mondiale.
E chi vuole distruggere quel poco di Europa che si è costruita con tanti sacrifici e che sola può salvarci in questo scenario, è un folle, un cieco, un irresponsabile di fronte al futuro di figli e nipoti.