Una tradizione irpina: ‘o baccalà alla “aulalegna”
In fatto di cucina, la Campania non è seconda a nessuno potendo vantare di una varietà di prodotti e di ricette che non hanno eguali. Accanto ai piatti che l’hanno resa celebre in tutto il mondo come la pizza o il babà, la cucina campana è anche ricca di piatti meno noti, ma non per questo meno squisiti, che si inseriscono a pieno titolo nel panorama gastronomico della regione. Il più delle volte è la combinazione di pochi e semplici ingredienti a dar vita a dei veri momenti di piacere per il nostro palato. È questo il caso del baccalà alla “pertecaregna” o “ualalegna”, un nome curioso senza dubbio, ma dietro il quale, come di consueto, si cela un’interessante storiella. Ennesimo retaggio di un’epoca contadina oramai andata, il baccalà alla pertecaregna vanta origini irpino-lucane e si compone di due soli ingredienti: baccalà e peperoni cruschi (ossia secchi). Etimologicamente il termine rimanda a “pertecara”, espressione dialettale che sta ad indicare l’attrezzo da lavoro che i contadini usavano in passato per creare solchi nel terreno prima della semina, più comunemente aratro. Cosa, quindi, unisce il baccalà all’aratro? Pare, che un tempo, le massaie preparassero questo piatto per i “gualani”, i lavoratori addetti alla custodia e alla cura delle terre e degli animali che poi impiegavano nei lavori agricoli. Altri, invece, asseriscono che “pertecaregna” derivi da “pertica”, un bastone di legno di notevole lunghezza impiegato nell’ambito della vita rustica su cui venivano appese le “nzerte” di peperoni lasciati ad essiccare al sole e coi quali veniva poi condito il baccalà. Questa specialità viene consumata in qualsiasi periodo dell’anno, anche se tradizionalmente in Irpinia lo si predilige nel periodo natalizio. Anche questo piatto, come del resto ogni ricetta, può essere letto come un intreccio non solo di ingredienti, ma anche di storia, cultura e tradizioni di un territorio e del suo popolo.