Eruzione del Vesuvio del 1944
Con video – Il 6 gennaio 1944 una frattura avvenuta sul fianco del cono del Vesuvio determina un aumento del flusso di lava in uscita. Ne scaturisce una colata che, dopo aver invaso in meno di un’ora il settore ovest del cratere, si riversa all’esterno spingendosi per oltre 100 metri a valle. La fuoriuscita lavica continua verso l’esterno fino al 26 gennaio, mentre verso l’interno del conetto fino al 23 febbraio, giorno nel quale l’attività effusiva cessa del tutto. Ancora un altro crollo delle pareti del conetto avvenuto il 13 marzo 1944 determina la resa dell’attività del vulcano attraverso deboli lanci di scorie, la cui frequenza e copiosità aumenta nei tre giorni successivi. Nella notte tra il 17 e il 18 marzo, con importante crollo di una parte del conetto, cessa nuovamente ogni attività. L’eruzione vera e propria, comunque, l’ultima del Vesuvio fino a oggi, inizia proprio nel pomeriggio del 18 marzo 1944. L’attività iniziò, anche questa volta, con forti colate laviche che giunsero fino a Cercola, dopo aver invaso e parzialmente distrutto gli abitati di Massa di Somma e di San Sebastiano, uno dei comuni più colpiti dall’evento. Il 22 marzo mutò lo stile eruttivo del Vesuvio. Raggiunta la nube eruttiva un’altezza di 5 km, ai lati del cono si verificarono valanghe di detriti caldi e piccoli flussi piroclastici. L’intera giornata fu accompagnata inoltre da un’intensa attività sismica fino al mattino del 23 marzo, giorno in cui l’attività eruttiva si ridusse alla sola emissione di cenere. Il 24 marzo l’attività eruttiva andò scemando, con le esplosioni che si ridussero gradualmente fino a scomparire il giorno 29, e con la persistenza delle sole nubi di polvere che fuoriuscivano dal cratere e che nel pomeriggio sparirono del tutto. Nell’area interessata le vittime furono 26, a causa dei crolli dei tetti delle abitazioni, provocati dalla ricaduta delle ceneri. I paesi più danneggiati dai depositi piroclastici da caduta furono Terzigno, Pompei, Angri, Scafati, Nocera Superiore e Inferiore, Pagani, Poggiomarino e Cava; mentre gli abitanti di San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma e Cercola furono costretti all’evacuazione. La città di Napoli, invece, fu favorita dalla direzione dei venti che allontanarono dalla città la nuvola di cenere e lapilli. L’eruzione del 1944 è ad oggi l’ultima del Vesuvio e segna la transizione del vulcano da stato di attività a stato di quiescenza. Essa avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale, in piena Campagna d’Italia ed apportò danni non solo alle abitazioni civili dei comuni circostanti, ma anche alle strutture militari alleati, ancora presenti sul territorio napoletano dopo la Liberazione dall’occupazione delle forze della Wehrmacht. Grazie alla presenza degli operatori stranieri in città per documentare la guerra, quella del 1944 è l’unica eruzione del documentata con immagini video riprese in tempo reale. Inoltre, numerose sono le testimonianze dei militari o dei reporter americani che descrissero l’attività eruttiva. Norman Lewis, agente dei servizi segreti inglesi racconto: “La lava si stava inoltrando tranquillamente lungo la strada principale, e ad una cinquantina di metri dal margine di questo cumulo di scorie che lentamente avanzava, una folla di diverse centinaia di persone, in gran parte vestite di nero, pregava inginocchiata. […] La lava si muoveva alla velocità di pochi metri all’ora, e aveva coperto metà della città con uno spessore di circa 10 metri. La cupola di una chiesa, emergendo intatta dall’edificio sommerso, veniva verso di noi sobbalzando sul suo letto di cenere. L’intero processo era stranamente tranquillo. La nera collina di scorie si scosse, tremò e vibrò un poco e blocchi cinerei rotolarono lungo i suoi pendii. Una casa, prima accuratamente circondata e poi sommersa, scomparve intatta dalla nostra vista. Un rumore da macina, debole e distante, indicò che la lava aveva cominciato a stritolarla. Vidi un grande edificio con diversi appartamenti, che ospitava quello che chiaramente era stato il miglior caffè della città, affrontare la spinta della lava in movimento. Riuscì a resistere per quindici o venti minuti, poi il tremito, gli spasmi della lava sembrarono passare alle sue strutture e anch’esso cominciò a tremare, finché le sue mura si gonfiarono e anch’esso crollò. Su tutte le statue che affrontavano la lava dominava in tutti i sensi, per dimensioni, per numero di persone che reggevano la piattaforma, quella dello stesso San Sebastiano. L’eruzione del 1944 è stata l’argomento di un documentario realizzato da The “History Channel” dal titolo: “Vesuvio: la furia di un vulcano”, mostrando gli effetti dell’eruzione nei comuni di San Sebastiano al Vesuvio e Nocera Inferiore. L’ultima forte e violenta eruzione del Vesuvio fu un evento catastrofico. Tra le tante testimonianze, ecco un video di un servizio di RAIUNO, che mostra immagini sicuramente toccanti ma che allo stesso tempo meritano la visione: si scorgono squadre di militari che ripuliscono le strade per permettere il passaggio, poi l’immagine tristissima di una tomba di una vittima, ed a seguire i volti sgomentati delle persone e lo scoppio delle polveri.