Usa for Due Sicilie – Noi la Tradizione che potrà garantire pace e serietà nel Mediterraneo
“L’Italia è in una crisi di sovranità, non provocata dal popolo italiano ma dal “partito di Davos”, ovvero dai mercati finanziari e dai poteri forti”. Lo ha detto Steve Bannon in un incontro a Roma: “Combattono il popolo mentre questo cerca di riprendersi la sua sovranità. E come scusa usano lo spread, è disgustoso”.
Sarà di sicuro interessato all’esperto politologo, ex capo stratega del presidente degli Stati Uniti Trump, Steve Bannon,che con il suo The Movement sta raccogliendo adesioni, in tutta Europa, per la creazione di una serie di corsi di formazione destinati ai giovani attivisti e leader politici conservatori di estrazione cattolica, allo scopo di favorire la nascita di una corrente di pensiero populista e nazionalista all’interno della Chiesa di Roma che possa influenzare in maniera determinante le politiche della Santa Sede. Nelle intenzioni di Bannon, che nel frattempo sta raccogliendo fondi non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti per l’attivazione del progetto, i corsi verrebbero tenuti presso il complesso medievale della Certosa di Trisulti, sita nel comune di Collepardo – in provincia di Frosinone – e dal 2018 una delle sedi dell’Istituto Dignitatis Humanae, in pieno territorio delle Due Sicilie, quindi avrà visto davvero di buon occhio anche lui l’incontro tra il presidente Usa e Carlo di Borbone Duca di Castro (titolo che decise di porsi, nel sesto anno di esilio romano, Francesco II), anche se il principe borbonico non ha mai avanzato la pretesa di riportare indietro l’orologio storico. Sono anni che opera invece a intercettare la revisione della storia, ormai politicamente trasversale, e a sviluppare un ruolo di autorità morale nei confini dell’ex Regno delle Due Sicilie. Per iniziativa del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, di cui è gran maestro, il duca di Castro svolge opera di filantropia e interventi sociali nel campo della scuola, della salute, dell’assistenza alla povertà.
Sarebbe comunque interessante per casa Borbone , a nostro sommesso avviso, seguire l’idea di allargare gli orizzonti del progetto politico che ci riguarda da vicino, rispondendo al marasma che vige non solo nel Regno e basare, come indica lo stratega statunitense, un forte appoggio ideologico nei confronti dell’unica istituzione occidentale ancora sostanzialmente immune dall’avanzata del populismo: la Chiesa Cattolica. L’incontro in Florida tra il Taicun con Carlo di Borbone ci auguriamo sia stata anche una base di partenza, per noi, che mai abbiamo abbandonato l’idea di ritornare “Padroni in casa nostra”, perché la gente delle ex Due Sicilie non cacciò il re , gli fu tolto e la nostra lotta deve essere finalizzata a riprenderci il Regno, al di là degli alleati.
Nel proclama dell’Immacolata del 1860, Francesco II prometteva ai meridionali “tempi più felici”. Non si sono ancora visti. Ma era già quella una promessa contro la politica. Il monarca non parlava alle cancellerie ma “ai popoli”, gettando semi che qualcuno coglie o, forse, coglierà.
Il nostro movimento , per anni liquidato come folklore nostalgico, oggi è ispirazione per milioni di cittadini, che reclamano libertà, benessere e volontà di ripristinare i vecchi confini, non per una questione settaria ma per ridare quel “colore” che il popolo ha vantato per secoli, fino all’attacco di “meningite” causato dal bandito Garibaldi e dal ladrone Savoia.
Un Sud – borbonico o meno – che recupera la consapevolezza trasversale di un’azione concreta dopo i tanti studi, che hanno scavato rigo su rigo la breccia di cui la politica non s’era accorta (o aveva sottovalutato) neanche quando sugli spalti dello Stadio San Paolo si fischiava all’inno di Mameli nelle partite della Nazionale o quando fu interdetto il bianco vessillo borbonico, né quando alcuni sindaci hanno cominciato a smantellare la toponomastica risorgimentale sostituendola con nomi dinastici Borbone.
La visita a Trump spero non sia solo un’improvvisata, la campanella che apre le contrattazioni a Wall Street la scuoteva la duchessa di Castro, Camilla, come ambasciatrice alle Nazioni Unite della Women for Peace Association. E il duca di Castro, intervistato dalla ‘Voce di New York’, commentava con laconica ma densa frase i risultati elettorali: “Il voto di marzo sia un segno, da parte dei popoli del Sud, al tempo stesso di insofferenza e di volontà di cambiamento”.
Noi siamo pronti, l’amore verso Casa Reale è radicata nelle Due Sicilie. Con i Borbone abbiamo espresso la migliore cultura, politica e una efficiente burocrazia, che per lunghi tratti di storia sono stati sinonimo di amministrazione funzionante, buon governo, mecenatismo, innovazione e opere di bene. Ora, come dice SA “è innegabile che ormai si è creato un gap nella distribuzione del benessere e della ricchezza in Italia, che penalizza il Meridione. È anche evidente che, senza il rilancio del Sud, è tutta l’Italia a essere penalizzata e a rischiare di non agganciare la ripresa. Colmare i ritardi è fondamentale”.
Noi siamo pronti.