Beni da valorizzare: il castello Aragonese di Calvi Vecchia
Lunghissima ed accidentata è la storia del noto Castello Aragonese di Calvi Risorta.
La “Historia Langobardorum” di Erchemperto (monaco benedettino e storico longobardo), testimonia che tra il IX e l’XI secolo, vi era già un primo impianto di carattere militare, il cosiddetto “castrum” longobardo, incendiato poi nell’ 879 dal principe longobardo della contea di Capua Landone. Il sito, quasi completamente abbandonato in epoca normanna, ritorna ad avere nuova vita in epoca angioina- aragonese, assumendo funzione difensiva e di controllo alle porte settentrionali della piana campana, In particolare sulla vecchia via Latina, un’arteria stradale che nel Basso medioevo assicurava la maggior parte dei collegamenti tra Roma e la Campania.
L’attuale castello rivela una edificazione databile nel XIII secolo, con e restauri intrapresi fino al XVIII secolo.
Esso è a pianta quadrata con torroni cilindrici ai quattro lati forati da finestre e feritoie dietro le quali trovavano posto i balestrieri e gli archibugieri. Al centro del recinto murario, a volte veniva eretta una torre di pietra a forma quadrangolare, destinata ad ospitare il comandante o ad effettuarvi l’estrema difesa.
Una porta arcuata introduce al castello che immette in due cortili, ai lati dei quali si sviluppano dei locali probabilmente destinato ai soldati. Dal secondo cortile si può accedere al piano superiore salendo una scala giungendo al piano cosiddetto “nobile”, dove si trovano i saloni e gli ambienti riservati agli ospiti. La presenza di alcune strutture murarie che si elevano sul piano superiore, dimostrano che probabilmente al di sopra di questo piano ci fosse anche una grande soffitta coperta. Interessante sapere che il castello è stato abitato fino al 1700.
Calvi Risorta ospita un patrimonio artistico e culturale di prim’ordine, considerando che fu crocevia di grandi civiltà antiche: l’aurunca, l’etrusca, la latina, la sannitica. Pertanto, è opportuno valorizzare e comprende la reale importanza di questi beni culturali e cercare di sottrarli all’abbandono di cui è solito il nostro paese.