Via la storia dalla maturità
Qualche settimana fa, sempre sulle pagine di questo giornale, abbiamo avuto modo di riflettere sulla scarsa considerazione che oggi si attribuisce alla storia e sul ruolo fondamentale che questa disciplina può e deve avere oggi, in una realtà complessa e magmatica come quella che ci circonda.
Evidenziammo come la storia potesse fornire a tutti, specialmente alle nuove generazioni, una bussola utile per far sì che ci si possa orientare nella realtà che ci circonda e comprenderne in pieno le spigolature politiche, sociali e culturali dominanti.
A distanza di qualche settimana, però, dobbiamo prendere atto della decisione della Commissione ministeriale guidata dal linguista Luca Serianni che, proponendosi di apportare modifiche alle modalità dell’esame di stato, ha eliminato la traccia storica dalla prima prova della maturità. La decisione non ha lasciato indifferente gli storici ed i tanti docenti di storia che hanno con prontezza sottolineato le conseguenze negative che potrebbero derivare da una simile decisione.
La notizia offre, però, l’opportunità per riflettere in modo critico sulle ragioni che si celano dietro una simile decisione. Pare evidente, infatti, che l’eliminazione della traccia storica sia solamente la punta di un iceberg, il momento finale di una crisi avviatasi anni fa e che, ci si augura, non sia irreversibile.
Tutte le riforme dei Ministri della Pubblica istruzione che si sono susseguiti negli ultimi anni hanno gradualmente diminuito il numero di ore da dedicare alla disciplina storica ed hanno ampliato sempre di più i programmi scolastici. In questo modo, però, la storia è stata enormemente svalutata e ridotta ad una materia mnemonica e da studiare sbrigativamente. Si è così perduta la concezione di storia da intendersi quale disciplina che fornisce senso critico, peculiarità fondamentale per far sì che ognuno di noi sia in grado di riflettere liberamente e di vivere attivamente ed in modo pieno la realtà che lo circonda, al di là di ogni ostacolo che si frappone. Sarebbe bene, dunque, nel prendere atto della decisione presa dalla commissione guidata da Serianni, avviare una riflessione di ampio respiro, ipotizzando percorsi che possano proporsi di reinserire la disciplina storica al centro dei programmi scolastici e della nostra società.
Sarebbe utile insistere sulle tante opportunità extra-scolastiche che vengono offerte ai ragazzi nel pomeriggio, affiancando ad i tanti corsi di inglese anche corsi di storia, così da permettere ai giovani di “fare storia”, lavorando su documenti d’archivio e sulle testimonianze di carattere famigliare. Si tratta solamente di una delle tante iniziative che si potrebbero organizzare per tentare di invertire la rotta, nella consapevolezza che una società che distoglie lo sguardo dal suo passato non riuscirà a comprendere il suo presente ed interpretare il suo futuro.