Dopo la Lea di Marcianise ora brucia lo Stir di S.Maria Capua Vetere

A distanza di una settimana dal disastro ambientale nella zona industriale di Marcianise, con l’incendio sviluppatosi alla LEA, sito già da tempo attenzionato da magistratura e Amministrazione locale, anche allo STIR di S.Maria Capua Vetere si è stranamente sviluppato un pericoloso incendio con tutte le conseguenze ambientali del caso. Questo impianto, come riporta la stessa sigla del nome, Stabilimento Tritovagliatura e Imballaggio Rifiuti, tratta i rifiuti cittadini ed è posizionato sostanzialmente di fronte la Casa Circondariale “F.Uccella”, in una zona che, grazie al vento, può diffondere facilmente i fumi del rogo sui territori di Marcianise, Macerata Campania, Portico di Caserta e San Tammaro, oltre che ovviamente di S.Maria Capua Vetere cui compete amministrativamente l’impianto. Ancora una volta, quindi, in periodo autunnale, addirittura con piogge piuttosto copiose, ovvero in assenza di caldo torrido e sole diretto, la provincia di Caserta si ritrova a dover gestire l’ennesima emergenza diossina con una sequenza che non sembra casuale. Ricordiamo ancora molto bene l’incendio alla Ilside di Bellona nel luglio dello scorso anno, tra l’altro con un altro piccolo episodio a gennaio 2018, come pure è storia nota il rogo all’impianto di stoccaggio rifiuti di Pastorano scoppiato poco più di un mese fa (24 settembre). Ora, dopo l’incredibile incendio alla Lea di Marcianise, raccontato in diretta dal Sindaco Velardi, lo Stir di S.Maria C.V. pare chiudere il cerchio di una strategia che a tutti, tranne ai più alti organi centrali dello Stato, appare piuttosto probabile e verosimile: bruciare i siti di stoccaggio per “azzerare” questioni legali, amministrative e tecniche, nonché creare un’emergenza nell’emergenza per far aprire, in tutta fretta, nuovi siti nella provincia. A questo punto, oltre le classiche domande che ci si pone sulla criminalità organizzata, viene da domandarsi perché nel 2018, con dati scientifici che evidenziano, da nord a sud, lo sviluppo di gravi patologie oncologiche per i cittadini delle zone dove giacciono e si “incendiano” i depositi di rifiuti, lo Stato non abbia ancora preso il problema di petto, considerando anche le enormi spese sanitarie che gravano sullo stesso proprio per l’esponenziale aumento delle malattie connesse a questi disastri ambientali. Qualche volta, ma è solo un pensiero fugace, quasi assurdo, un po’ fantascientifico, mi viene da considerare anche la questione sanità come parte di questo “cerchio della vita economica” del nostro Paese, un fenomeno non disconnesso dagli incendi, anzi quasi calcolato ad hoc, come se qualcuno volesse creare “materia prima” per la sanità italiana, carne da macello da curare, spesso inutilmente, per alimentare un’industria occulta, quella delle cure oncologiche. Ma ripeto, scrivendo libri qualche volta mi vengono pensieri fantascientifici e credo, o almeno spero, che questa considerazione sia semplicemente la tram di un film horror che non vedremo mai nelle sale cinematografiche! Per il momento ci affidiamo con estrema fiducia alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine, come pure al grandioso lavoro che fanno i Vigili del Fuoco operando, come degli angeli, in mezzo all’inferno dantesco dei roghi tossici.

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