Letteratitudini chiude la serata del 15 novembre 2018 con canti patriottici

Cancello ed Arnone (Redazione cancelloedarnone news) – I componenti ed amici di Letteratitudini, tra cui: Raffaele Raimondo, Lella Coppola, Felicetta Montella, Maddalena Della Valle, Renzo Iorio, Mattia Branco, Raffaele De Lucia, Italia Iovine, Marialidia Perone e la coordinatrice del gruppo Matilde Maisto, giovedì 15 novembre, hanno dato vita ad un vivace incontro inerente la Grande Guerra. Moltissimi sono stati gli spunti di riflessione e la partecipazione di ogni componente è stata molto sentita e, per alcuni versi, infervorata dal profondo patriottismo ben radicato in ognuno di noi.
La serata è iniziata con la proiezione di alcuni spezzoni di film della “Grande Guerra” di Mario Monicelli. Volendo fare una sintesi del film è stato segnalata la scena del film girata nel vecchio centro di San Pietro Infine (CE), dalla cui sequenza si evince chiaramente la crudeltà della guerra, di tutte le guerre…, con la fredda uccisione di un soldato austriaco.
E’ seguita la scena del film “Uomini contro” “Chi ha dato l’alt” riportata per ricordare una guerra assurda costata milioni di morti giovani, innocenti ed inconsapevoli.
Infine ci è sembrato opportuno segnalare la scena del “Ponte di barche”, celebre momento finale del film di Monicelli nel quale Sordi e Gasman (due noti imboscati nel film) si fanno fucilare dagli austriaci pur di non rivelare un segreto militare. Una scena molto commovente, che mostra come due cialtroni, si trasformano in due eroi ed il loro sacrificio resta ignoto a tutti i commilitoni.
E’ stato un momento molto bello della serata, ma per chiarezza e comprensione riportiamo l’intera trama del film di Mario Monicelli: “Oreste Jacovacci (Alberto Sordi), il piantone romano ha promesso a Busacca Giovanni (Vittorio Gasman) di farlo riformare dietro compenso, ma in seguito Giovanni viene fatto abile ed in divisa cerca Oreste per dargli una lezione, ma, invece, i due diventano amici e finiscono insieme a Tigliano in attesa di essere mandati al fronte.
Nel frattempo Giovanni conosce una donna di facili costumi, Costantine, in cerca di distrazione, ma alla fine viene alleggerito solo del portafoglio.
Arriva il giorno che i due vengono mandati al fronte dove fanno conoscenza con nuovi commilitoni, i giorni passano arriva il Natale, festeggiato alla meglio, poi passa l’inverno, si annuncia la primavera. Intanto i combattimenti riprendono più vivaci; Oreste e Giovanni mentre sono di pattuglia incontrano un soldato austriaco potrebbero ucciderlo, ma non se la sentono, per cui il militare nemico viene comunque ucciso da un superiore.
Poi inizia la battaglia: morti, feriti, attacchi, contrattacchi. I due sono incaricati di portare un messaggio, ma mentre si dispongono al ritorno si trovano separati dal loro gruppo e per ripararsi dal freddo indossano cappotti nemici, vengono scoperti dagli austriaci e considerati spie, potrebbero salvarsi se fornissero informazioni sulla missione di cui sono stati incaricati, ma i due cialtroni preferiscono non fare alcuna rivelazione e, quindi, saranno fucilati, diventando in questo modo due eroi della Grande Guerra, anche se il loro sacrificio resterà ignoto a tutti gli altri commilitoni.
Questa prima parte della serata, è terminata con il famoso canto patriottico “La leggenda del Piave” la canzone che racconta la Prima guerra mondiale: “Nella notte tra il 23 e il 24 maggio del 1915 l’Italia entrava nella Prima guerra mondiale, era l’occasione per completare il processo di unità nazionale e liberare il Trentino e la Venezia Giulia dal dominio austriaco. Il nostro esercito, nel marciare coraggioso e silenzioso verso la frontiera con l’Austria, passò sul fiume Piave, che espresse poeticamente la sua gioia con il tripudio delle onde.
Il 24 ottobre del 1917, il nemico ruppe il fronte orientale italiano a Caporetto; tutte le nostre forze ebbero l’ordine di arretrare onde evitare l’accerchiamento. Le perdite furono pesanti e ad esse si accompagnarono le polemiche.
Si dovettero richiamare le riserve e arruolare i giovani di 18 anni, classe 1899, che per il valore ed il coraggio dimostrato meritarono l’appellativo di “classe di ferro”. Il Piave divenne il simbolo della Patria che fu difesa con rinnovata determinazione sotto la guida del Gen. Armando Diaz. Sulla nuova frontiera Monte Grappa-Piave si decidevano le sorti della guerra. La poderosa offensiva scatenata dagli austriaci nel giugno 1918 cozzò contro l’eroica resistenza degli italiani; le divisioni nemiche dovettero “ripassare in disordine il Piave, sconfitte e incalzate dalle nostre valorose truppe” come si espresse nel bollettino di guerra il Gen. Diaz.
La battaglia del Piave è stata una delle più gloriose della storia d’Italia: costò all’Austria 150.000 uomini e fu l’inizio della sconfitta. Gli austriaci e gli alleati tedeschi videro “cadere come foglie morte” nelle acque del Piave le loro speranze di vittoria, come scrisse il comandante tedesco Ludendorff dopo la guerra.
Il 24 ottobre 1918, proprio nel giorno anniversario della sconfitta di Caporetto, l’esercito italiano lanciò una massiccia e generale offensiva che portò alla vittoria dell’Italia, chiamata di Vittorio Veneto, dal luogo dove avvenne per prima lo sfondamento delle linee nemiche.
L’avanzata italiana fu travolgente; dopo aver catturato centinaia di migliaia di prigionieri, il 3 novembre le truppe italiane entrarono in Trento e Trieste. Lo stesso giorno l’Austria si arrese e firmò l’armistizio, che sanciva la cessazione della guerra per il 4 novembre.
Solo allora si placarono le acque del Piave, quando furono sconfitti gli imperi oppressori e la Pace trovò gli italiani liberi sul patrio suolo, dalle Alpi al mare.
In questo canto è presente una stretta attualità che viene messa in rilievo dall’uso del dialetto, atto a conferire una sorta di fervore a questa saggia e lungimirante denuncia, ovviamente assai amara, delle convenzioni, degli accordi sottobanco, dei minuetti di potere, degli opportunismi e delle falsità che ogni guerra porta con sé assieme al suo carico di distruzione, miseria e lutti.
Di seguito il testo:
1. STROFA:
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
Dei primi fanti il ventiquattro maggio:
l’Esercito marciava per raggiunger la frontiera,
per far contro il nemico una barriera.
Muti passaron quella notte i fanti;
tacere bisognava e andare avanti.
S’udiva intanto dalle amate sponde
Sommesso e lieve il tripudiar de l’onde:
era un passaggio dolce e lusinghiero.
Il Piave mormorò: “NON PASSA LO STRANIERO”.
2. STROFA:
Ma in una notte triste si parlò di tradimento,
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
per l’onta consumata a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti.
S’udiva allor dalle violate sponde
Sommesso e triste il mormorio de l’onde:
come un singhiozzo in quell’affanno nero.
Il Piave mormorò: “RITORNA LO STRANIERO”.
3. STROFA:
E ritornò il nemico, per l’orgoglio e per la fame
Volea sfogar tutte le sue brame.
Vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
Sfamarsi e tripudiare come allor…
“NO” disse il Piave, “NO” dissero i fanti,
“mai più il nemico faccia un passo avanti”
Si vide il Piave rigonfiar le sponde!
E come i fanti combattevan l’onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
Il Piave comandò: “INDIETRO VA’ STRANIERO!”
4. STROFA:
E indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento
E la Vittoria sciolse le ali al vento.
Fu sacro il patto antico: tra le schiere furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro e Battisti.
Infranse alfin l’italico valore
Le forche e l’armi dell’impiccatore.
Sicure l’Alpi… libere le sponde
E tacque il Piave: si placaron l’onde.
Sul patrio suol, vinti i torvi imperi,
la pace non trovò NE’ OPPRESSI, NE’ STRANIERI.
Naturalmente nel corso della serata di Lettaratitudini non sono mancati gli accenni della guerra nella letteratura europea, e in particolare quella italiana del primo decennio del Novecento, largamente influenzate dalla cosiddetta filosofia dell’azione, una corrente filosofica eterogenea che convergeva però nell’esaltazione del volontarismo, del vitalismo e dell’attivismo, con poeti come Gabriele D’Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti, convinti interventisti.
Ma in realtà, a conti fatti, la tragica esperienza della Grande Guerra lasciò un segno profondo nella produzione letteraria di tutti i paesi coinvolti, anche perché molti furono i poeti e gli scrittori che vi parteciparono in prima persona come soldati.
Tra questi spicca, per coinvolgimento e capacità poetica, l’italiano Giuseppe Ungaretti. Egli stesso lasciò scritto di essere divenuto poeta proprio in trincea e che il suo stile gli fu quasi imposto dalle condizioni di vita sperimentate in questa situazione. Le due prime raccolte di liriche “Il porto sepolto” (1917) e “Allegria di naufragi” (1919), poi riunite in “L’Allegria”, furono infatti composte al fronte, prima sul Carso e poi in Francia, dove Ungaretti combatté come soldato semplice nel 19° reggimento di fanteria.
Ebbene chiudiamo così: “MATTINA: M’illumino d’immenso” ed appuntamento a Dicembre 2018 con le Commedie del grande Eduardo De Filippo.

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post