Eccellenze campane: la nocciola napoletana che generò i “Neapolitaner”

Tornare indietro nel tempo, scoprendo il nostro passato in modo utile, simpatico, avvincente e perfino “dolce”, oltre ad essere necessario ragionamento per una migliore programmazione del futuro, apre la mente ad episodi che abbiamo giornalmente sotto mano ma che oramai non riusciamo più a cogliere. Come dicevano le spie del passato, durante la tanto celebrata Guerra fredda, «…per nascondere una cosa all’avversario non c’è miglior posto che mettergliela sotto il naso…», tanto è vero che oggigiorno la perdita di memoria collettiva riesce ad occultare perfino le abitudini gastronomiche e le eccellenze territoriali che ci hanno resi famosi in tutto il mondo. Sebbene i dolci della tradizione napoletana dettino tuttora legge sulle tavole campane, tra cui babà, sfogliatelle, sciù al cioccolato, struffoli e pastiere varie, alcuni notissimi dolci industriali, che hanno invaso da anni le nostre case, sono diventati prodotti di successo grazie alle eccellenti materie prime della nostra regione. Uno di questi dolcissimi prodotti, che ritroviamo in tutte le salse e in tutti luoghi, dai supermercati ai distributori automatici sparsi nei nostri uffici, vive grazie alle nocciole campane, ad un frutto “secco” di enorme valore nutritivo e commerciale tanto del passato quanto del presente. Lo so, la curiosità vi attanaglia, soprattutto ora che state pensando ai tipici prodotti industriali del nord, al pandoro come al panettone, o siete artigianalmente alle prese con la friggitrice per le zeppole e i già menzionati struffoli. Beh, alzi la mano chi non ha mai assaggiato e apprezzato i wafers, classico e pratico dolce “austroungarico”, come direbbe il buon Totò prendendo in giro l’Austria e la sua bella capitale Vienna, e alzi la mano chi ha mai realmente collegato la sua descrizione “neapolitaner” con Napoli e la nostra regione. Anche se era sotto i vostri occhi non lo avete mai pensato, vero? Avevano ragione quelli della Guerra fredda allora! Ebbene, proseguendo questo articolo in modo semiserio a causa del Natale (mi perdonate vero?), vi racconto brevemente la storia dell’azienda austriaca MANNER, una piccola impresa diventata potenza commerciale ad inizio ‘900 proprio grazie alle nocciole campane e al richiamo culturale e gastronomico della nostra regione. Ad onor del vero il wafer prodotto dalla famiglia Manner fu per così dire inventato nel 1898, come testimoniato ancora oggi sul sito dell’azienda con parole molto significative:
«Yesterday we finally received the hazelnuts from Naples – a delivery we had been expecting for days. Today we started with the series production of the new wafers. We have come up with a few variations already. I don’t want to make any predictions yet – but personally, I think the Neapolitan Wafers No. 239 are particularly exceptional!”»
Traduzione: «Ieri abbiamo finalmente ricevuto le nocciole da Napoli – una spedizione attesa da giorni. Oggi abbiamo avviato la produzione di serie dei nuovi wafers. Abbiamo già creato diverse varianti. Non voglio ancora fare previsioni ma personalmente credo che i Wafer Neapolitan n. 239 sono particolarmente eccezionali!»
Ovviamente questo dolce proviene da un miscuglio di tradizioni gastronomiche più antiche e territorialmente più ampie della sola Austria, tanto è vero che con nomi più o meno differenti ritroviamo la stessa forma geometrica a nido d’ape annotata, addirittura, in antichi testi greci, passando per i più moderni “waffel” tedeschi, le “gaufre” del Belgio, nonché le italianissime “ferratelle” abruzzesi. Va però specificato che la vera novità ed il successo di questa variante austriaca fu tutta concentrata nella portabilità, nella dimensione ridotta che ne decretarono la facile industrializzazione, commercializzazione e soprattutto il consumo al dettaglio, tanto che ancora oggi il classico pacchettino rettangolare di wafer risulta essere non solo apprezzato per il prodotto in sé, ma anche e soprattutto per la praticità del trasporto in borse, borselli e zainetti per la merenda dei bambini. Con i Neapolitaner, però, i Manner realizzarono il classico colpo di genio, unire la bontà delle cialde ad una nuova crema fatta con la famosa e apprezzatissima nocciola campana, sebbene per utilità di marketing e limitata conoscenza territoriale fu etichettata come napoletana. In effetti le nocciole, che entrarono nel processo produttivo della variante n.239, non erano altro che quelle prodotte ad Avellana, tra Napoli ed Avellino, un prodotto ancora oggi di elevatissima qualità tanto da rendere l’Irpinia terra di produzione intensiva di questo oro marrone. Bisogna anche ricordare che l’uso e la qualità della nocciola campana è addirittura testimoniata dalla presenza di reperti archeologici pompeiani conservati presso il Museo Nazionale di Napoli, per cui ben si comprende come questo prodotto fosse ampiamente conosciuto e usato in tutta Europa attraverso una tradizione gastronomica di antichissimo corso.
Beh ora quando mangerete un wafer sicuramente apprezzerete non solo il suo gusto e la sua praticità, ma ricorderete che la Campania ha esportato, e ancora esporta, una serie di eccellenze purtroppo troppo poco pubblicizzate, uno dei veri difetti commerciali ed imprenditoriali di cui soffriamo rispetto al nord del Paese. Aiutiamoci ad essere conosciuti. Ricordatevi sempre di coinvolgere gli altri nella diffusione delle nostre bellezze paesaggistiche, culturali e gastronomiche. La Campania non è Terra dei Fuochi più di altre zone d’Italia, ma questo marchio ha offuscato e continua ad offuscare tutte le eccellenze e le tradizioni della nostra regione. Meditate gente, meditate….

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post