Rococò napoletano: Il trionfo di Giuditta di Luca Giordano
Il settecento Napoletano è dominato dalla grandiosa personalità di Carlo di Borbone, re delle due Sicilie e futuro Carlo III di Spagna. Durante la sua permanenza a Napoli, dal 1735 al 1759, egli riesce ad imprimere uno slancio economico, sociale, artistico e culturale al regno dedicando particolari attenzioni all’assetto urbanistico e architettonico, trasformando la città in una magnifica capitale europea.
Oltre a commissionare la splendida Reggia di Caserta, il re fa realizzare: nuove strade, restaurare il palazzo reale, costruire il teatro San Carlo, nuovi palazzi e ville a Portici e a Capodimonte, il foro Carolino e tantissime altre opere che rivitalizzano la cultura e l’economia locale.
Particolarmente interessante, è l’attività del pittore napoletano Luca Giordano, che tra il 1703-1704 è attivo nella cappella del Tesoro nuovo presso la Certosa di San Martino. Egli è fautore di una pittura atmosferica e radiosa di luce, libera da ogni riferimento naturalistico, che costituisce il presupposto indispensabile per la diffusione del Rococò a Napoli.
Sulla volta della cappella, egli affresca il “Trionfo di Giuditta”, tratto dall’ apocrifo libro di Giuditta e mostra il momento in cui l’eroina trionfante dopo la decapitazione del generale assiro Olofene incita gli israeliti alla battaglia finale.
Luca interviene sull’architettura della piccola volta con abili correzioni ottiche che ne dilatano illusionisticamente il campo, creando l’impressione di uno spazio più alto e profondo. Egli sviluppa un racconto continuo ed omogeneo che ha i caratteri di un’apparizione miracolosa e soprannaturale. Le figure si assiepano e si liberano nello spazio con un movimento turbinante e centripeto che le trascina verso l’alto, occupato dalla radiosa figura del Padre Eterno circondato da angeli armati. Più sotto Giuditta mostra al popolo il macabro trofeo, mentre ai suoi piedi, i soldati assiri cadono a terra terrorizzati o fuggono lontano.
L’illusionismo della scena è reso possibile dalla naturalezza del complesso e dalla regia della luce limpida, chiara e sfolgorante, con colori delicati e leggeri. Si tratta di una pittura di straordinaria leggerezza e felicità cromatica tipica del arte Rococò, capace di dissolvere la magniloquenza e l’esuberanza plastica della tradizione tardobarocca.