La solitudine

La solitudine, dramma per alcuni e condizione imprescindibile per altri, e a determinarne la scelta possono aver inciso vicende personali, un’indole schiva, oppure un isolamento involontario dovuto ad ostracismo da parte di altri esseri umani, come pure desiderio di vivere la propria interiorità.
In genere scrittori e poeti trovano nella quiete e nel silenzio, la concentrazione indispensabile a comporre e lo proteggono con gelosia quel silenzio, perché in esso l’animo è libero di esprimersi in pienezza. Ma ci sono altresì persone che invece rifuggono la solitudine nella quale non trovano appagamento, ma ansie e paure, tristezza e rimpianto. La solitudine rappresenta dunque, uno dei grandi mali del nostro secolo.
A dispetto di una società che si districa a fatica tra impegni di lavoro, attività ludiche, sport e quant’altro, la gente si sente sempre più sola. E non necessariamente si fa riferimento agli anziani, poiché è diffusa anche tra le giovani generazioni, isolati dai social eppure del tutto ignari di esserlo. La modernità ha privato i ragazzi della Sapienza dei vecchi, che proviene da un vissuto capace di trasmettere valori formativi, un tesoro prezioso disperso con superficialità.
Senza che ce ne accorgessimo, abbiamo lasciato scomparire i contatti umani, delegando ai cellulari il compito di intrecciare relazioni virtuali privi di un effettivo contatto con l’altro, poiché lo schermo ci priva della bellezza di uno sguardo, del suono di una voce e del calore di una stretta di mano. Il dialogo è scomparso, da quando le nostre case si sono arricchite di ambienti sempre più belli e confortevoli, dove ognuno può rinchiudersi lasciando il mondo fuori, e come si può ripensare senza un pizzico di nostalgia alle cucine di un tempo, dove la famiglia si raccoglieva condividendo il giorno e la vita.
Ma il progresso è inarrestabile e porta con sé agi e disagi, per cui un genitore neppure si accorge di come occupa il tempo l’adolescente, nel chiuso della sua stanza. Una libertà che implica isolamento e pericolo.
E la vita è divenuta sempre più frenetica ed esigente, il denaro non basta mai, vanno curate le apparenze, l’aspetto esteriore, gli svaghi, in un delirio di egoismo di massa che stima l’essere umano non più per ciò che è, ma per quello che possiede.
Senza l’intento di demonizzare tutto il buono che viene dal nuovo, dovremmo tuttavia chiederci perché non ci parliamo più, perché la tv la fa da padrone nelle case, durante i pasti, mentre lo sguardo dei commensali spia frenetico il cellulare.
E’ a noi stessi che dobbiamo attribuire la costruzione di una prigione volontaria che ci distrae dal guardarci dentro, così possiamo crearci alibi sempre nuovi quando la parola solitudine ci atterrisce, una parola che fa brillare lacrime sulle ciglia di chi attende che ci accorgiamo del suo bisogno. E l’altro siamo noi.

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