Il successo dell’ecclettismo: Elena Ferrante e L’amica geniale
Erano gli anni 50, e perfino Il Mezzogiorno italiano postbellico, nella sua prima disperazione, riusciva a percepire aria di cambiamento. Di lì a poco, con lo scoppio del welfare state, ovvero dello “stato di benessere” pur modesto che fosse, Napoli era incorniciata nel suo più bel frastuono mattutino. I suoi colori afosi e incandescenti, ed il suo romanticismo lunare, erano tuttavia incoraggiati e minacciati dalla presenza della malavita. Ma è in quest’opera storico-pittorica, scissa fra durezza e poesia a dir poco affascinante, che la scrittrice partenopea Elena Ferrante, da vita ad una storia straordinaria: in un rione nella periferia di Napoli, Elena (Lenù) e Raffaella (Lila), accomunate da un’insofferenza nel luogo in cui vivono e da un’intelligenza fuori dal comune, saranno legate a vita dalla loro amicizia. La grandezza dei suoi romanzi, ha portato Elena Ferrante ad essere inserita fra le 100 persone più influenti al mondo dalla rivista statunitense Time. A questo proposito, si pone un gran dubbio sulla figura della Ferrante come reale autrice dei medesimi scritti: vi è in realtà un’iniziale scelta di anonimato, che sarà estrapolata con “La frantumaglia”, un volume nato per soddisfare la curiosità del pubblico nei confronti dell’autrice; una raccolta di lettere dell’autrice al suo editore, poche interviste da lei concesse e le sue corrispondenze con alcuni lettori d’eccezione. La funzione di questo scritto, è quella di lasciar comprendere ai lettori le motivazioni che hanno spinto l’autrice all’anonimato, fra cui il bisogno di un proprio privato, e soprattutto, mantenere la distanza dal “mentire per apparire come il pubblico desideri”. Al di là di questo, sono stati attribuiti addirittura differenti personaggi sotto il nome della Ferrante, fra cui la saggista napoletana Anita Raja, e la storica Marcella Marmo, docente presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Decisiva è comunque l’opinione della Ferrante, convinta che i suoi libri “non necessitino di una sua foto in copertina, né di presentazioni promozionali: i romanzi devono essere percepiti come “organismi autosufficienti”. Forse oltre alle forti tematiche, all’ambientazione ed all’appassionante storia di una viscerale amicizia, ciò che reca ulteriore incanto all’opera stessa, può essere un anonimato così intimo?