Il ritratto di Paquio Proculo

L’uomo, a dispetto della transitorietà del tempo, fissa l’evoluzione dei gusti estetici dei domini socio-culturali attraverso l’arte, rendendo imperituro ciò che altrimenti cadrebbe nell’oblio: lo storico Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inaugurato nel 1816 da Ferdinando I di Borbone, è custode di meraviglie artistiche e delle più alte esperienze d’empito creativo dello spirito. Tra i dipinti di pittura murale conservati nella Collezione pompeiana c’è il cosiddetto Ritratto di Paquio Proculo, ritrovato nel 1868 in una residenza signorile con esercizi commerciali prospicienti una delle vie principali dell’antica Pompei. La presenza di pubblicità per consultazioni elettorali ha fatto attribuire l’elegante domus ad Alleius Nigidius Maius, influente uomo politico e Flamen della religione etnica, noto per il suo pubblico sostegno verso i munera gladiatoria. Qualche ricercatore ha proposto quale proprietario Paquius Proculus, che fu pubblico ufficiale della città di Pompei, mentre alcuni studiosi hanno pensato al duumviro Caius Cuspius Pansa. Il Ritratto di Paquio Proculo faceva parte degli affreschi dell’edificio: il dipinto propone le figure di un uomo e di una donna benestanti appartenenti alla società che viveva ai piedi del vulcano, raffigurati con gli emblemi caratteristici dell’otium litteratum. Molti esperti, nel tempo, hanno proposto teorie diverse sull’identità dei due maggiorenti pompeiani: è probabile che l’affresco, realizzato verosimilmente dopo il 55 d.C., non ritraesse Paquio Proculo e sua moglie, ma il pistor Terentius Neo e la sua consorte, un fornaio che aveva la bottega situata nello stabile. Il plausibile fraintendimento sull’identità è stato generato da una gravure per elezioni politiche di Paquius Proculus all’esterno dell’edificio: “Procule Frontoni tuo officium commoda”. Il nome di Terentius Neo, invece, è presente su un’iscrizione grafica all’interno della costruzione. La coppia mostra una mise elegante e ricercata: l’uomo indossa una sopravveste caratteristica, una tunica che evidenziava la condizione sociale di appartenenza ad un ceto elevato in possesso della “cittadinanza romana”, un civis optimo iure dunque, con diritti riconosciuti e prerogative definite. Il rotolo di papiro col sigillo di ceralacca che espone era uno status symbol di prestigio economico-sociale, e la presenza della “cera di Spagna” classifica l’instrumentum scriptorium quale papiro documentario e non letterario. Lo stilo e il dittico per la scrittura cuneiforme che la donna esibisce rivelano il ruolo sociale della stessa, verosimilmente nel settore attinente al commercio e alla gestione dell’impresa di famiglia.

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