Franco e Ciccio …il recidivo

Una cosa a mio parere importante che fa difetto a noi meridionali è forse il riguardo, la cura, che dovremmo avere per la nostra memoria. Non parlo solo di memoria di cose importanti come quella che dovrebbero essere scritte sui libri di storia, e invece non ci sono, …e sempre sia mannaggia a Garibaldi! Mi riferisco anche a tante cose che in apparenza sembrano minori e che invece minori non lo sono proprio per niente. Il mosaico di tutte queste piccole cose ci ricorda chi siamo e da dove veniamo, e soprattutto ci indica un orizzonte verso il quale incamminarci con la nostra identità, assieme a tutti quelli che hanno identità diverse.
Mi domando perché, nonostante la tradizione dolciaria del Sud senza eguali nel mondo, a Natale ci facciamo invadere dai panettoni? Perché chiediamo un “prosecchino”, imitando anche il brutto modo di chiederlo, dimenticandoci ad esempio della Verdeca e del Bombino (e riguardo al prosecco sorvoliamo sui pesticidi)? Perché a Napoli ancora non c’è un museo della canzone napoletana? I turisti da tutto il mondo lo vorrebbero e servirebbe anche ai nostri ragazzi che “I’ te vurria vasà” ormai non la sanno neanche più. Potrei continuare all’infinito, perché enorme è il contributo del Sud alla cultura occidentale, ma ora voglio concentrarmi su un pezzetto di storia che finalmente sembra riacquisita alla memoria, in ritardo ma meglio che mai.
Con una delibera il Comune di Palermo ha preso la decisione di destinare il primo piano di Palazzo Tarallo, nel cuore pulsante di Ballarò, al museo di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. I figli dei due attori e Giuseppe Li Causi, unanimemente ritenuto il loro maggiore storico, contribuiranno mettendo a disposizione del museo numerosi materiali, come il pianoforte e la fisarmonica di Franco Franchi, i vestiti di scena, locandine e tantissime foto. Ci sarà uno spazio multimediale per la visione dei film e degli spettacoli, particolarmente adatto ai ragazzi, che potranno conoscere più da vicino i due attori palermitani e chi erano gli italiani di allora che li hanno così tanto amati.
“Franco e Ciccio” provenienti da famiglie povere di quartieri popolari, non hanno goduto del favore della critica nonostante il grande successo di pubblico dei loro film che negli anni sessanta incassavano da soli il 10% di quanto incassava tutto il cinema italiano. Forse la maggior parte dei critici, imborghesiti, non avevano radici ben piantate in quella cultura popolare che i due attori condividevano col pubblico. Non hanno capito per tempo che quel cinema era balsamo sulle ferite prodotte dall’emigrazione dei meridionali verso le varie FIAT del Nord; che quel cinema era il modo per mettere in scena il disgraziato che giocava la carta dell’ironia per rivalersi sul potere; che quel cinema era Teatro di chi non aveva potuto avere l’opportunità d’un palcoscenico.
Il museo che mancava dovrebbe essere allestito e inaugurato nel corso del 2019, è stato un peccato non averlo fatto prima, ma sarebbe un peccato maggiore se adesso ci fossero ritardi perché Errare umanum est ma cosi “errate a est, a ovest, a nord e a sud. Siete recidivo!” Avrebbe detto Franco a Ciccio.

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