Il mistero de “La Primavera” di Sandro Botticelli
Una delle opere più emblematiche e misteriose del Rinascimento Italiano è indubbiamente la meravigliosa “Primavera” di Sandro Botticelli conservata agli Uffizi. Realizzata tra il 1478-1482, all’epoca era indirizzata ad una ristrettissima cerchia di intellettuali gravitanti intorno alla famiglia Medici e agli esponenti della scuola “Neoplatonica” capaci di intendere riferimenti letterari, filosofici e iconografici complessi.
Sono numerose le interpretazioni proposte per sciogliere il messaggio cifrato, fatto di allegorie e di simboli, che sta alla base dell’opera, ma nessuna ancora risolutiva!
L’interpretazione canonica e accademica, afferma che la scena si svolge nel giardino degli Dei, detto Delle Esperidi, su un prato fiorito, e la lettura proposta procede da destra verso sinistra: Zefiro, in vento freddo e pungente che introduce la Primavera, rapisce la bellissima Clori, la Ninfa che spaventata cerca di scappare ma che ormai posseduta dal dio, accetta di sposarlo e come dono di nozze viene trasformata in Flora, ovvero la Primavera, una dea eternamente giovane e feconda, protettrice della maternità e dei lavori agricoli che lancia fiori sulla terra. Al centro c’è la dea dell’amore casto, Venere. Sopra di lei c’è Cupido bendato che lancia una freccia infuocata verso le tre Grazie che danzano in cerchio , e due di loro indossano i gioielli di casa Medici. Chiude il tutto il dio messaggero Mercurio che con la sua spada tiene lontane le nubi che minacciano questo Hortus Conclusus (giardino chiuso); un gairdino ideale ed eterno dve tutto è armonia e perfezione.
Sembra innegabile che il quadro proponga le teorie in voga nei circoli neoplatonici di cui Botticelli faceva parte e di cui Marsilio Ficino era il capostipite. Infatti, secondo lo storico tedesco Edgar Wind , è possibile vedere rappresentata nel quadro la teoria dello stesso Ficino ovvero il viaggio compiuto dall’anima che vuole sperimentare tutti i tipi d’amore: quello terreno e passionale, fecondo e generatore (rappresentato da Zefiro, Flora e Clori), quello intellettuale (rappresentato da Venere e Cupido) fino a quello spirituale (raffigurato da Mercurio e le tre Grazie).
Secondo una recente proposta interpretativa (2001, Acidini Luchinat), l’opera potrebbe avere un intento encomiastico: celebrare la rinnovata fioritura di Firenze nella eterna primavera ristabilita dai Medici.
Insomma, l’opera è permeata di mistero e oscurità e nessuna interpretazione proposta sembra sbrogliare la complessa matassa di riferimenti simbolici, mistici e filosofici che si nascondono dietro la complessa allegoria intellettuale, ed è forse questo ciò che rende la rappresentazione ancora più seducente e intrigante.