Il tema scultoreo del Buon Pastore

Il senigalliese Giovanni Mastai Ferretti, Sua Santità Papa Pio IX, otto anni dopo la sua elezione, istituì il Museo Pio Cristiano presso il Palazzo Apostolico del Laterano, e lo pose sotto l’attenta guida del gesuita tolmezzino Giuseppe Marchi e dell’archeologo romano Giovanni Battista de Rossi. Successivamente il Pontefice Giovanni XXIII evocò a sé le raccolte artistiche sistemandole negli Istituti museali pontifici della Santa Sede: i Musei Vaticani sono uno scrigno prezioso di cultura mondiale, una raccolta pregiata di opere d’arte, un repertorio di rarità dal valore incalcolabile. Tra di esse la scultura di Gesù Cristo Buon Pastore. La statua arriva dalle catacombe romane di San Callisto: l’anonimo artista l’ha scolpita tra il 300 e il 400 d.C., e doveva far parte di un monumento sepolcrale in marmo con scanalature decorative ondulate o parallele. L’opera fu realizzata verosimilmente quale mezzo rilievo dell’arca funebre, e successivamente le operazioni di restauro hanno dato al simulacro la tridimensionalità caratteristica del rilievo totale. La scultura rappresenta un pastore nel fiore degli anni dai tratti euritmici, con i capelli lunghi, folti e arricciati: il giovane indossa una tunica, porta una sacca con un cingolo a tracolla, e viene ritratto mentre trasporta un agnello sulle spalle. Un’altra statuetta di pastore crioforo è conservata anch’essa presso i Musei Vaticani: il protagonista mantiene con la mano sinistra un primigenio bacolo ante litteram, e anch’egli sostiene una pecora indosso. In questo caso gli studiosi sono propensi a credere che fosse un trapezoforo, cioè un supporto strutturale, restaurato poi nel XVIII secolo dallo scultore romano Bartolomeo Cavaceppi, allievo del Napolioni. Secondo la tradizionale iconografia cristiana, il Buon Pastore è l’allegoria nella quale si ravvisa la figura di Gesù di Nazareth e, parallelamente, si raffigurano i suoi insegnamenti: è un modello veterotestamentario, un simbolo evangelico, un riferimento biblico neotestamentario. Già 700 anni prima di Cristo il tema del Buon Pastore era presente nella cultura artistica ellenica in larga scala e in varie discipline artistiche: sono d’esempio l’Hermes Crioforo, il “portatore di ariete”, conservato al Museo di Scultura Antica “Giovanni Barracco” di Roma, e il Moscoforo, il “portatore di vitello”, scolpito nel 550 a.C. e custodito nel Museo dell’Acropoli di Atene, i cui volti sono contraddistinti dal tratto apollineo euritmico di nietzschiana memoria. Se consideriamo un’altra forma di espressione artistica, va detto che in precedenza la civiltà minoica dell’età del bronzo è stata il retroscena storico di un singolare cimelio, attualmente conservato nel Museo Archeologico di Candia nella Repubblica Ellenica: all’ingresso di una sepoltura di un antico sito di reperti a Cnosso, fu ritrovata una piccola immagine riprodotta su una lamella d’oro di un giovane Buon Pastore con il suo chitoniskos, la caratteristica tunica usata dagli antichi greci per le attività bucoliche.

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