Primo maggio in controcanto, con Pietrarsa nel cuore
Il lavoro resta anche quest’anno ad occupare solo lo sfondo, sbiadito, del Concertone di piazza San Giovanni. Restano dietro le quinte gli slogan dei partiti, sindacati e organizzazioni di categoria con le loro bandiere disegnate da esperti di marketing per clienti che non fanno popolo. Resta inascoltato chi evidenzia, preoccupato, un tasso di disoccupazione stabile sopra le due cifre e che al Sud è tre volte più grande di quello del Nord; o chi si duole per i nostri ragazzi, senza più la valigia di cartone ma comunque col trolley pronto, costretti (e a volte incoraggiati) a cercare lavoro altrove.
Il popolo, i giovani, si organizzano per “partecipare” al rito del Concertone e non sembrano avere la stessa capacità mobilitativa per imporre all’attenzione pubblica i temi che li riguardano ben più concretamente. Non sembrano avere strategia se non quella di andarsene, e alla maggior parte di essi restano oscure ragioni e meccanismi del declino di un Sud altrimenti ricco di possibilità.
Restano nell’ombra le lotte operaie del secolo scorso dalle quali necessariamente occorre ripartire per dare sostanza all’agire di oggi, perché cambiano i suonatori ma la musica è sempre la stessa.
All’indomani dell’Unità d’Italia la musica la suonarono i piemontesi, la borghesia settentrionale alla guida dello Stato unitario, che agì mediante soffocamento della promettente industria meridionale. È in questo contesto che il 6 agosto 1863 si compie il primo sciopero e il primo eccidio di operai dell’Italia unita, a Pietrarsa, nello stabilimento metalmeccanico che produceva locomotive e molteplici opere in ferro “di perfettissima qualità e di grosse dimensioni” voluto dall’amato Ferdinando II di Borbone. Un opificio che occupava oltre mille persone. Un gioiellino, il più importante nell’Italia di allora, che venne sacrificato per favorire l’Ansaldo di Genova alla quale andarono tutte le commesse pubbliche. Pietrarsa fu svenduta a uno speculatore privato, Jacopo Bozza, che licenziò un po’ alla volta oltre la metà degli operai, ridusse i salari e aumentò l’orario lavorativo. Alla prima protesta, peraltro pacifica, intervennero i bersglieri sabaudi e lasciarono sul selciato i corpi di almeno quattro operai: Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso, Aniello Olivieri, i martiri di Pietrarsa, di fatto fucilati e poi dimenticati per via di una censura politica che mise a tacere giornali e testimoni. Altro che il Concertone per questi, nostri, morti. Qui c’è bisogno di una musica diversa …e pure di diversi suonatori!